Natale ci interroga sempre. Ci pone in discussione, a prescindere se si sia cristiani o meno. Ci spinge a guardarci dentro, in questa parte di realtà messinese, siciliana, italiana ed europea. E ci indica quanto siamo lontani dalle mete che vorremmo raggiungere. Allora, la prima parola, in un “gioco” delle parole chiave non in ordine alfabetico, è umanità. Umanità in questo 25 dicembre antico e nuovo al tempo stesso.
Umanità: tra guerre a Gaza, in Ucraina, e venti bellici nel mondo, è questa la parola perduta che va pronunciata prima di ogni cosa. Alla base di diritti umani e civili, libertà, giustizia sociale, principi universali, c’è un’umanità che dovrebbe ispirare una politica diplomatica all’altezza delle sfide contemporanee. Umanità e saggezza, umanità e diplomazia, realismo e utopia, concretezza e senso della visione per costruire scenari che oggi appaiono quasi impossibili.
Così politica e pace sono altre due parole decisive. Pace e sovranità per la Palestina e per l’Ucraina. Pace in Siria e ovunque. Pace, umanità e politica all’altezza a Messina e in Sicilia, in Italia e in Europa. Nelle nostre periferie. In territori toccati da disoccupazione, ingiustizie sociali, degrado e precarietà quotidiani.
Fanno parte della precarietà anche gli incidenti stradali che hanno colpito negli ultimi giorni e in tutto il 2024 la comunità messinese. Ieri l’ultimo saluto, nella chiesa di San Giovanni a Santo Stefano Briga, a Marina Calabrese, 39 anni, e alla figlia Aurora Pellegrino, di 10 anni, morte in Calabria. In macchina con loro c’erano anche il padre Antonio e il piccolo Antonino, di 3 anni, rimasti feriti. E viene in mente, tra i tanti caduti di una guerra che nemmeno dovrebbe esserci, la piccola Martina Merulla, morta in agosto dopo un incidente in autostrada.
Messa in sicurezza dei territori e attenzione al rispetto delle norme e della vita altrui non sono concetti scontati. E sono troppe le ferite subite. Così come la pace, anche la messa in sicurezza è un progetto politico da realizzare in tutti i campi, mentre il maltempo ci ricorda quanto siamo esposti ai pericoli, alla precarietà.
Acqua e servizi pubblici; casa, lavoro e dignità; immigrazione e diritti, creando le premesse perché i migranti possano costruirsi una vita dignitosa ovunque, contro muri e miopie di una politica del capro espiatorio e delle guerre tra ultimi. E, ancora, lotta alla povertà e impegno per una società più decente e giusta sul piano economico. Per tutti, senza illogiche distinzioni.
E come non pensare ai luoghi dell’emarginazione. Periferie e carceri. Fino a quando la pena consisterà in “trattamenti contrari al senso di umanità” e non tenderà “alla rieducazione del condannato” (articolo 27 della nostra magnifica e spesso non applicata Costituzione), saremo perennemente sconfitti. E spesso si fa finta d’ignorare che in diversi casi potrebbero pure applicarsi misure alternative, purché rese efficaci, per scontare la pena. Ma è più facile soffiare sul fuoco della demagogia, se si fa politica, in realtà andando contro l’interesse generale.
E va ricordata la signora Michela Lauria, madre di Domenico Ivan Lauria, morto in carcere. Una donna che invoca verità e giustizia per il figlio.
Ma quale può essere, nonostante tutto, la parola decisiva per decifrare il presente, viverlo fino in fondo e proiettarsi verso il futuro? Proprio quest’ultima. Futuro da concepire in termini politici ed esistenziali per non affogare in un passato che spesso tende alla rassegnazione. Memoria storica e presente devono essere al servizio di un nuovo futuro da costruire insieme.
Un ultimo pensiero all’undicenne Yasmine, salvata in mare da un’ong a Lampedusa. Forse più di tutti è lei a incarnare l’idea di futuro. La sua storia parla di resistenza e coraggio. E questo Natale è anche per lei, come per tutti i bambini di ogni pezzo di terra colpiti da guerre e povertà.
Buon Natale ai lettori da Tempostretto.