Benvenuti nella terra dei nostri nonni, buon viaggio alla scoperta della stazione di partenza, quella che ci ha portato a far sì che oggi siamo quelli che siamo.
Natale a Salice è questo, un tuffo alla scoperta delle nostre radici, di quella vita quotidiana dei nonni e dei bisnonni fatta di sacrifici ma anche di passione, entusiasmo, amore. La manifestazione Natale a Salice giunta alla sesta edizione è molto più di un presepe vivente di particolare originalità, è un percorso indietro nel tempo, negli anni ’50, è come ascoltare i racconti dei nostri nonni o guardare il vecchio album di fotografie in bianco e nero e sorridere pensando che sì, i nostri avi erano felici anche senza il cellulare e Maria De Filippi, riuscivano a divertirsi senza la play station e ci hanno tirato su con fatica e valori.
Il presepe anni ’50 è un viaggio guidato attraverso le abitazioni, oggetti, strumenti, ricordi messi a disposizione dai residenti, che spesso fanno anche da “attori”, impersonando magari il ruolo del proprio bisnonno o della prozia. Ad accompagnarci nel passato (che è poi in fondo dietro l’angolo del cuore) è la vicepresidente del VI quartiere, nonché tra le promotrici della manifestazione Giusy Feminò, che riesce, con passione e determinazione a farti cogliere l’aspetto più profondo di quella storia che appartiene a tutti noi e non è solo la storia di un villaggio. Racconta le tradizioni e i costumi, le abitudini e i sogni di chi è riuscito a realizzare il proprio personale miracolo, in una terra diventata villaggio grazie ai monaci basiliani fuggiti dalla loro patria, di un centro dove in tantissimi si chiamano Stefano e non rinnegano i loro valori e le loro speranze.
Improvvisamente, dopo aver ammirato la mostra organizzata dall’Aci con le immagini di auto d’epoca sul circuito di Ganzirri, ti trovi catapultato 60 anni fa, quando non c’erano le luminarie nelle strade a Natale, ma le finestre e i balconi, gli incroci e i palazzi erano addobbati con gli agrumi e illuminati dalle candele. Era la Messina che non si vergognava di lavorare la terra, con le donne che percorrevano i tornanti a piedi per andare in città a vendere le uova, con le ragazze pronte ad imparare a ricamare per il corredo, e i bambini nelle aule di scuole elementari realizzate accanto alle altre case, o le botteghe con i letti nel soppalco, perché l’appartamento era tutto lì: il bancone dove vendere, l’altare con la Madonnina e dietro, coperto da una tenda, il lettone matrimoniale. C’è la bottega del calzolaio, il falegname, il fabbro, c’è la bottega dove si fa il sapone e c’è il fornaio, c’è il bottaio e l’angolo dove le donne aprivano la lana che andava poi a riempire i cuscini e i materassi, c’è l’osteria, il barbiere tornato dopo una vita da emigrante e l’ufficio del delegato del Comune, dove si ufficializzavano i matrimoni e si lanciavano le frecce di cupide per i futuri fidanzamenti. I figli nascevano in casa e lungo il percorso incontri l’innamorato che con gli amici fa la serenata alla sua bella, “u ghiancheri” che mostra i prodotti, le ragazze che vendono il latte, le associazioni musicali (perché Salice vanta una tradizione musicale di grande rilevanza) che accompagnano il viandante. Scopri scorci di passato e piccole vergogne, come il palazzo baronale lasciato all’incuria e all’abbandono, per il quale Giusy Feminò e le nuove generazioni si stanno battendo per il recupero anche attraverso le denunce. L’aspetto più bello è che ognuno, a Salice, per realizzare il presepe, ha messo qualcosa di “suo”, o i locali, o l’attività, o i ricordi, tutti si sono prestati a fare da “attori” e raccontare ai visitatori come era la vita nei villaggi, come e perché sono stati realizzati lì, storie, tradizioni e abitudini. Se non sappiamo da dove veniamo non riusciremo mai ad avere il timone per continuare ad andare avanti. E’ grazie al sacrificio di uomini e donne come gli abitanti di Salice che si spaccavano la schiena lavorando la terra, che andavano a lavorare “in città”, consentendo ai loro figli di studiare e diventare ingegneri, avvocati, professori, è solo grazie a loro, che noi oggi siamo quelli che siamo. Magari insoddisfatti se non riusciamo a comprare l’ultimo modello di i-pod.
E allora una rispolveratina della nostra personale soffitta serve anche a questo, perché nelle foto dei nostri album di famiglia si vedono benissimo i calli nelle mani delle nonne che lavavano la biancheria alla fontana, ma anche gli occhi fieri e orgogliosi di chi sa che sta costruendo qualcosa di indistruttibile.
Natale a Salice si può visitare anche il 5 e il 6 gennaio dalle 17.30 alle 19.30.
Lasciate il cellulare spento. Tanto a Salice non c’è linea, come negli anni ’50.
Rosaria Brancato