In una vigilia di Ferragosto resa torrida dalla crisi di governo le temperature in casa Pd sono ancora più calde ed il rischio di una scissione si fa sempre più reale. L’idea di un governo-salvagente M5S-Pd per traghettare in tempi più lunghi il Paese ipotizzata, sia pure non esplicitamente, da Renzi ha trovato il no di Zingaretti ( e quello di Di Maio). Tra i parlamentari in verità si sta facendo strada l’ipotesi di un governo dei responsabili ma i Dem sono ad un passo dalla scissione. Sembra che Renzi abbia già in mente il nome del partito, che finirebbe, con ogni probabilità a portare con sé una truppa molto consistente dal momento che la maggioranza dei deputati eletti nel marzo 2018, quando l’ex premier guidava il Pd, sono suoi.
Una situazione incandescente della quale abbiamo parlato con il deputato messinese Pietro Navarra.
Tra la posizione di Renzi e quella di Zingaretti dove si schiera? :“Mi schiero dalla parte delle regole parlamentari. Una volta sfiduciato il presente governo, il Presidente della Repubblica è chiamato a verificare l’esistenza di una maggioranza per la restante parte della legislatura, diversamente meglio andare al voto. Sostenere un governo per votare una legge di bilancio infarcita di aumenti di tasse e di tagli alle spese frutto di scelte drammaticamente sbagliate del governo Lega-5 Stelle sarebbe suicida”.
Non andare al voto, significa fare gli interessi dei parlamentari o del Paese? : “Il 4 marzo del 2018 sono stato eletto alla Camera dei Deputati dai cittadini del mio collegio elettorale con un mandato: quello di realizzare una serie di obiettivi durante i cinque anni di legislatura. E, come me, tutti gli altri parlamentari eletti. Pertanto, e per quanto mi riguarda, credo corretto, nell’interesse del Paese e di chi ha espresso il proprio voto il 4 marzo del 2018, sostenere una eventuale maggioranza parlamentare che permetta a me e al mio partito di assolvere il mandato ricevuto dagli elettori. Si chiama democrazia ed è il sistema politico che il nostro Paese ha scelto per governare le scelte di interesse collettivo. Solo in assenza di una eventuale maggioranza parlamentare convergente sulla realizzazione di un programma condiviso, è corretto andare alle urne”.
Una spaccatura del PD equivarrebbe a consegnare il Paese a Salvini?:“Non credo si arrivi a una spaccatura del Partito Democratico. Esistono punti di vista diversi, espressi in taluni casi in modo inadatto al momento politico difficile che stiamo vivendo. Sono certo che la segreteria nazionale saprà condurre il dibattito a sintesi e il Partito Democratico, unito intorno al suo Segretario, affronterà nell’interesse del Paese la crisi di governo”.
Come inquadrare la mossa di Salvini?: “Un semplice gioco di potere di un leader di partito che scappa di fronte alle proprie responsabilità e che tenta di barattare i promettenti sondaggi elettorali per il suo partito con il benessere del Paese già ridotto in recessione e destinato, se dovesse intraprendere la strada auspicata da Salvini, a un futuro autoritario e isolazionista”.
Perché ha fallito il governo gialloverde?:“Avere firmato un contratto prendendo in giro gli italiani perché le clausole dell’accordo erano impossibili da mantenere. Incompetenza e presunzione sono ingredienti usati dai giallo-verdi per un pasto amaro riservato agli italiani. Un Paese non si governa con gli slogan promettendo tutto a tutti perché presto o tardi i nodi arrivano al pettine e chi ne è responsabile dovrà pagarne le conseguenze o, come qualcuno sta provando a fare in questi giorni, scappare da vigliacco”.