REGGIO CALABRIA – Alla fine, è saltato fuori il tesoro dell’Esaurito.
Questo è infatti il soprannome storico del 43enne Vittorio Raso, superboss della ‘ndrangheta da export, concretamente considerato uomo di fiducia dei fratelli Adolfo e Aldo Cosimo Crea, veri dominus delle ‘ndrine in una piazza da anni importantissima come Torino.
Condannato in primo grado a 20 anni di reclusione per narcotraffico internazionale nell’àmbito dell’inchiesta Pret à porter della , arrestato nell’autunno del 2020 a Barcellona dopo un paio d’anni “alla macchia”, scarcerato dopo 48 ore – perché tra i reati contestatigli c’è l’usura, per la quale in Spagna non è previsto il carcere –, in atto Raso è latitante.
In queste ore, gli uomini della Squadra mobile della Polizia torinese hanno però messo le mani su un “tesoro” direttamente riconducibile alla “primula rossa” dei clan di stanza in Piemonte. Rolex, gioielli, monili di vario tipo per oltre 200mila euro di controvalore più un’enorme somma – 400mila euro – in contanti stavano ad attenderlo lì, in un garage di Nichelino, alle porte del capoluogo piemontese.
Gli agenti hanno individuato lo “scrigno magico” dopo aver arrestato due presunti narcos, mettendo anche sotto sequestro un ingente quantitativo di stupefacente.
Mentre i due fratelli Crea rivestirebbero il supremo grado di “crimine”, a Vittorio Raso spetterebbe il grado di “vangelo”.
Va detto che, al momento, non c’è certezza al 100% che questa fortuna appartenga effettivamente a Vittorio Raso: però le modalità con cui i beni sono stati nascosti e gli stessi adesivi piazzati sulle confezioni della droga per indicarne la provenienza non lascerebbero spazi a grandi dubbi.
Specie se si considera il ritrovamento, insieme agli stupefacenti, di numerosi ritagli di quotidiani: gli articoli d’interesse erano tutti imperniati sull’arresto di Raso nel Paese iberico.
Al momento dell’arresto, due anni fa, gli erano stati sequestrati 360mila euro in contanti, oltre 13 kg di stupefacenti e un vero arsenale: una pistola, una carabina e un fucile mitragliatore – tutti di provenienza furtiva – e una montagna di proiettili.
Contestualmente, sempre a Barcellona era stato fermato un 58enne connazionale: sarebbe stato il complice di Raso nel narcotraffico. Seguendo le tracce di quest’uomo, infatti, nei giorni immediatamente precedenti le forze dell’ordine erano riuscite a impossessarsi di oltre 128 chilogrammi di marijuana e circa 38 d’hashish.
Nel novembre sempre del 2020, il cerchio era poi tornato a stringersi attorno alla “primula rossa”: era stato arrestato infatti un barista di Settimo Torinese che al narcotrafficante calabrese avrebbe “prestato” la propria identità per meglio riuscire a sfuggire alle forze dell’ordine.