Cominciano venerdì i primi interrogatori dell’operazione Nebrodi 2, scattata ieri tra Tortorici e diversi altri centri, siciliani e nazionali. Il giudice Eugenio Fiorentino andrà al confronto con gli indagati che erano già in carcere, poi sentirà quelli che al momento del blitz erano a piede libero. Ai faccia a faccia parteciperanno anche gli inquirenti che hanno coordinato le indagini.
Indagini che sono andate avanti anche dopo la prima maxi operazione Nebrodi. “Lo Stato c’è per gli onesti e continua ad esserci”, ha detto in conferenza stampa il procuratore aggiunto Vito Di Giorgio. Difatti a leggere le oltre 500 pagine di provvedimento si scopre che già nei primi mesi del 2020, dopo aver chiuso l’operazione Nebrodi, le forze dell’ordine continuavano a tenere d’occhio i tortoriciani, spiando i loro traffici di droga e i tentativi di estorsione. A dare man forte alle loro scoperte sono stati vecchi e nuovi pentiti. Non soltanto tortoriciani. A confermare chi fa parte delle famiglie dei Bontempo Scavo e dei Batanesi è infatti anche un ex affiliato dei barcellonesi, il più recente pentito della cosca del Longano, Salvatore Micale. Anche lui conferma agli investigatori il ruolo assunto dal nucleo familiare di Faranda, per esempio, già al centro dell’operazione Nebrodi, in gran parte scagionata dalla sentenza di primo grado.
“So chi sono i Faranda e che appartengono ai Bontempo Scavo ma non ho rapporti – dichiara Micale – Me ne ha parlato Marino Gambazza Roberto, sia dell’Aurelio che di Faranda Antonino. Nell’ambiente criminale ho sempre saputo della loro vicinanza ai Bontempo Scavo, in particolare di Antonino e dei fratelli. Prima che ne parlasse Roberto Marino Gambazza, già sapevo della vicinanza dei Faranda ai Bontempo scavo, ma non ricordo chi me ne parlò. So che la vicinanza era di natura criminale e che si occupano di animali e di agricoltura. Marino Gambazza me ne parlò in carcere a Tempio Pausania, quattro o cinque mesi fa, poiché era uscito un articolo relativo al coinvolgimento dei Faranda nell’operazione Nebrodi. Mi disse che erano vicini a loro, che erano a suo dire dei referenti, ma senza esaltarne il ruolo. In pratica, erano messi là perché mancavano dei profili più importanti dei Bontempo scavo in quel periodo. Mi fece la similitudine con Nino Foraci, ossia che erano profili non molto “qualificati” a suo dire, che avevano preso piede perché i vertici dei Bontempo scavo erano detenuti. Mi parlò di una vicinanza ai Bontempo Scavo come famiglia…”.
Per l’Accusa i Faranda gestiscono un gran numero di “titoli tossici” dell’Agea, dragando una grossa fetta di contributi Agea, controllando terreni su una vasta area tra Tortorici, Centuripe, Caltagirone e dintorni.