PATTI -“Per il gruppo dei batanesi è stata riconosciuta la mafiosità – per il gruppo dei promotori ci sono state anche condanne alte – mentre per il gruppo dei Bontempo Scavo no. L’altro dato è che le truffe sono state riconosciute per buona parte, quindi resta il fatto che in quella parte di territorio circoscritto della provincia di Messina le truffe hanno costituito la principale fonte di arricchimento per i gruppi mafiosi, leggeremo le motivazioni e valuteremo eventuale ricorso in appello. Il protocollo Antoci ha funzionato? Buona parte delle accuse di truffa ha retto, alcune con le aggravanti mafiose, altre no”.
È questo il commento del procuratore aggiunto Vito Di Giorgio “a caldo”, subito dopo aver ascoltato il dispositivo della Corte di Patti (presieduta dal giudice Ugo Scavuzzo), che ha deciso 90 condanne e 10 assoluzioni al troncone principale del processo Nebrodi. Di Giorgio ha seguito tutta l’inchiesta insieme ai Pubblici ministeri Fabrizio Monaco, Francesco Massara e Antonio Carchietti (con lui nella foto, alla lettura della sentenza nell’aula del tribunale di Patti), e insieme all’oggi procuratore capo di Patti Angelo Cavallo, coinvolto nella fase iniziale degli accertamenti.
Il magistrato aspetta di leggere il dispositivo e analizzarlo nel dettaglio, perché gli imputati erano tanti e i capi di imputazione moltissimi, quindi la sentenza è articolata e va analizzata con attenzione. Intanto, però, alcuni elementi emergono. E l’impianto accusatorio sembra aver retto a metà, come spiega lo stesso Di Giorgio. Da tenere in conto, anche, che una parte dei boss mafiosi con altre condanne alle spalle hanno già definito la loro posizione nel processo parallelo e sono stati condannati in maniera severa, condanne rette anche in Appello.