Iniziamo questo articolo parlando delle generalità delle prove invalsi, continuando poi spiegando perché da una larga parte studentesca sono considerate nocive per la scuola pubblica e invitando tutti gli alunni (nel nostro caso quelli della scuola secondaria di secondo grado) a boicottarle. Tutti noi ne abbiamo sentito parlare almeno una volta, ma soprattutto siamo stati costretti ad eseguirle più volte nell’arco della nostra carriera scolastica, ma a cosa giovano questi test, e quali sono invece i reali obiettivi di queste prove? Diciamo in primis che questi test sono in vigore per le classi seconde e quinte della scuola primaria, prime e terze della scuola secondaria di 1º Grado e seconde della scuola secondaria di 2º grado dal 25 ottobre 2007 (legge nº176) e per le quinte classi della scuola secondaria di 2º grado (dal 2018) e dovrebbero valutare oggettivamente la scuola e il singolo individuo. Ovviamente sono anonime, anche se, come noi tutti sappiamo, ai fascicoli di test viene inoltre allegato un ulteriore dossier nel quale ci vengono richiesti informazioni personali, ma non il nome.
Premettendo che a detta del direttore generale dell’INVALSI (Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema dell'Istruzione) Paolo Menozzi esse servono per «fornire alla cittadinanza e ai decisori politici i dati generali sul funzionamento della scuola, in particolare il grado di competenze raggiunto dagli studenti in due grandi aree: la comprensione di un testo e la padronanza della matematica in situazioni concrete. Il secondo obiettivo è quello di fornire alle scuole i dati elaborati, in modo che siano possibili valutazioni sul piano didattico, confronti e migliorie.»; noi ci chiediamo come mai ,nonostante esistano già le indagini PISA che prendono come modello di riferimento classi campione in una specifica area geografica, queste prove agli esami di terza media influiscano con la valutazione generale e come mai queste prove siano obbligatorie per tutte le scuole e come mai vengano spesi una cifra di soldi pubblici che di anno in anno va sempre ad aumentare. Il risultato delle prove invalsi è accessibile a tutti i cittadini e classifica le scuole, le regioni italiane e i vari tipi di istituti (tecnico, professionale, liceo) in base ai risultati ottenuti in due prove principali: Italiano e matematica. Ma classificare le scuole in base a test uguali per tutti gli studenti italiani, che non prendono in considerazione le varie situazioni socio-economiche delle diverse regioni e anche di realtà in cui molte scuole coesistono non è dannoso per l’Istruzione italiana? Facendo una ricerca su internet e trovando queste prove, riusciamo a notare che, in generale gli istituti tecnici/professionali hanno risultati inferiori; questo che cosa significa che gli studenti che vanno in questo tipo di istituti sono più svogliati allo studio o che le particolari situazioni sociali nei tecnico/professionali impediscono agli studenti che le frequentano un miglioramento delle loro capacità?
Se quindi queste prove servono a calcolare le scuole “migliori” questo vuol dire che è sconsigliato agli studenti più bravi frequentare gli istituti tecnico/professionali, alimentando quel circolo vizioso in Italia per cui chi nasce con 0 non verrà aiutato dallo stato a implementare la propria conoscenza culturale, mentre chi nasce con 10 verrà sempre sostenuto a mantenere quel 10, cristallizzando di fatto le classi sociali “E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese” si legge dall’articolo 3 della costituzione italiana. Secondo questo principio infatti non ci dovrebbero essere differenze tra una scuola e l’altra, rendendo insensato lo svolgimento delle prove invalsi, infatti tutte le scuole dovrebbero garantire agli alunni una preparazione che gli consenta di essere parte attiva nella vita politica, economica e sociale del paese. Allora come mai le scuole che si trovano in periferia date le loro problematiche non vengono aiutate finanziandole di più di altri tipi di scuole, creando anzi per via delle prove invalsi quelle gerarchizzazione tra scuole di serie A e scuole di serie B che tende a ancora di più a marcare le differenze sociali? Per compiere queste prove invalsi, come già accennato prima, vengono spesi di anno in anno sempre più soldi nel 2013 infatti sono costate alle stato 13 milioni di euro, nel 2015 sono costate allo stato 14,5 milioni di euro, mentre nel 2016 il costo è lievitato fino a 24 milioni di euro.
Vogliamo ricordare inoltre che l’Italia è l’ultima in Europa per rapporto Pil/ spesa per l’istruzione. E allora a posto di ripetere da ben sei anni prove che essenzialmente danno gli stessi risultati, spendendo cifre che aumentano di anno in anno, perché non finanziare la scuola pubblica martoriata da riforme aberranti, come quella Gelmini, che hanno previsto tagli mostruosi? Nonostante il ministero affermi l’anonimato di questi test, la realtà è ben diversa, infatti ogni dossier è contraddistinto da un “codice di matricola”, grazie al quale si può risalire all’identikit completo dello studente. Noi alunni non siamo codici a barre e neanche numeri, la nostra valutazione non può avvenire con dei test che sono uguali per tutti dato che ognuno di noi ha delle specifiche capacità che vanno al di là di una domanda a risposte multiple. “Ognuno è un genio. Ma se si giudica un pesce dalla sua abilità di arrampicarsi sugli alberi lui passerà tutta la sua vita a credersi stupido” Albert Einstein Come abbiamo già accennato prima i test invalsi avvengono anche negli esami di terza media incidendo sulla valutazione finale, già in partenza questo non è un controsenso con il loro scopo? Gravando nella valutazione agli esami molto spesso in terza media si spendono molte ore di italiano e matematica per far preparare gli alunni ai test a crocette, ciò provato per esperienza personale, questo ovviamente causa ricadute sull’andamento del programma dell’anno scolastico.
Noi alunni per queste motivazioni diciamo di NO a dei test poco inclusivi, standardizzati, antidemocratici, che non tengono conto delle peculiarità di ogni studente e spazzano queste caratteristiche con dei test a crocette. Valutare non può significare schedare, mettere in classifica, favorire la competizione tra scuole e studenti, indirizzare e svilire la didattica rendendola un semplice bagaglio di nozioni da digerire per affrontare i test. La sensibilizzazione a questo tema negli anni ha riscosso sempre più consensi all’interno del mondo studentesco e il numero degli studenti che rifiutano di sottoporsi alle invalsi è aumentato. Nel 2015 il boicottaggio era di più del 20 % mentre nel 2016 quasi 1 studente su 4 ha deciso di non fare questo tipo di test Invitiamo per questi motivi tutti gli alunni delle seconde superiori a boicottare le invalsi e dato che quest’anno il test attitudinale (dato l’alto numero di studenti che boicottano) verrà svolto a gennaio e in formato digitale; invitiamo gli studenti a non rispondere ai quesiti, affinché con l’avvento dei test veri e propri si possa avere una partecipazione cospicua da parte degli studenti. Boicottare è un nostro diritto; è un modo per esprimere il nostro dissenso contro questo prove e contro un tipo di scuola, come quella italiana, che non ha come fine l’accrescimento culturale di una persona ma che vuole far apprendere all’alunno quelle nozioni che, in un contesto non limitato solo al mondo del lavoro, non riusciranno a renderlo una mente critica. Noi studenti non siamo numeri #ioboicottoleinvalsi.
Federico Muscarà
Giacomo Angileri
Liceo Archimede Messina
Fonti:Focus, Forexinfo, Sole 24 ore.