MESSINA – La questione meridionale 2.0. Nell’epoca dell’intelligenza artificiale e delle app, antico e contemporaneo si fondono. E, oggi più che mai, da tanti s’alza una domanda di buona politica per il sud d’Italia e la Sicilia. Un progetto per il Meridione. Dal corteo contro il ponte, con lo slogan “Lo Stretto non si tocca”, emerge una richiesta a tutte le forze politiche di rallentare e bloccare il processo verso la costruzione della grande opera. Ma, al tempo stesso, nelle parti più illuminate dei movimenti e dei cittadini, siano o no iscritti ai partiti e alle associazioni, viene posto in primo piano il tema di uno sviluppo sostenibile per il territorio siciliano.
È la questione meridionale il grande tema rimosso degli ultimi trent’anni. Non esistono i Gramsci, Dorso, Salvemini, solo per fare degli esempi, che esprimano un pensiero non legato al qui e ora. Ma soprattutto è la politica, debole e priva di ali di questi anni, che deve riprenderla. Una questione meridionale da affrontare in una chiave antitetica ai modelli clientelari e all’assistenzialismo, non risolutivi dei problemi.
In tanti lo hanno ribadito durante la manifestazione, su iniziativa del coordinamento di 75 sigle: “Siamo per un no e tanti sì. Un no all’idea della grande opera che distruggerà il territorio, l’ambiente, il paesaggio, la bellezza dello Stretto. Sì alle infrastrutture, all’alta velocità, alla messa in sicurezza idrogeologica del territorio, ai servizi e alle reti ferroviarie e stradali finalmente efficienti, al passaggio veloce tra la Sicilia e la Calabria attraverso soluzioni con meno costi e impatto sull’ambiente”.
Al netto di alcuni inevitabili manicheismi e delle rigidità ideologiche della parte cosiddetta antagonista, la maggioranza dei movimenti no ponte evidenzia con lucidità gli enormi limiti dell’azione avviata dal ministro Salvini e dal governo Meloni. Da una parte, l’insufficienza dell’analisi su costi e benefici e un deficit di riflessione sull’importanza strategica o meno della grande opera nel contesto attuale.
Nello stesso tempo, si contrappone un’altra idea di sviluppo. Un’idea di sviluppo possibile senza la realizzazione di un ponte che creerebbe molti disagi alla città di Messina. E che, secondo molti, rischia di deturpare la bellezza e le specificità dello Stretto, anche se ancora manca la valutazione d’impatto ambientale.
In un Paese normale, ammesso che esista, la riflessione sul ponte avrebbe potuto avere uno spazio più ponderato, un confronto tecnico e politico sganciato dalle urgenze della dichiarazione del giorno. Qui ci tocca assistere alla propaganda, ai facili slogan del ministro Salvini. E, soprattutto, a una visione salvifica e quasi mistica della grande opera, da parte del centrodestra, come se da sola risolvesse ogni emergenza.
Servirebbe una riflessione politica più a lungo respiro e, nel frattempo, le osservazioni di alcuni cittadini intervistati durante il corteo tirano in ballo le responsabilità della politica. Governi di centrodestra, centrosinistra e tecnici che non hanno saputo avere una visione sul Meridione e sulla Sicilia.
Una visione su come creare occupazione, come garantire in tempi certi infrastrutture e servizi degni di realtà civili, come superare nel più breve tempo possibile le distanze oggi incolmabili tra nord e sud. Ambiente e giustizia sociale, strade ferrovie e aeroporti, acqua e sanità pubbliche e investimenti produttivi nei territori: alla politica, ai partiti, alla sinistra che ancora non c’è, spetta elaborare progetti, fare sintesi e trovare soluzioni per un presente e un futuro non più marginali. Ponte sì o ponte no, anche al centrodestra farebbero bene una maggiore dose di discernimento tecnico e una minore adesione fideistica.
Le istanze e le necessità espresse da buona parte delle realtà associative, culturali e politiche, che hanno sfilato da piazza Cairoli a piazza Duomo, costituiscono un programma ideale in cerca di una politica che affronti le emergenze in modo strutturale e concreto. Servono interventi immediati e a lungo respiro nella disastrata Sicilia e ancora più disastrata Messina.
Non c’è più tempo da perdere, mentre l’opportunità del Pnrr colmerà solo in minima parte la distanza sud-nord. Altrimenti, si continuerà a sognare di un ruolo chiave di Messina e della Sicilia nel Mediterraneo e di un nuovo sviluppo economico, mentre anche l’ultimo treno passerà. E il Mediterraneo, per colpa di una politica miope e spesso disumana, rimarrà un cimitero di vite annegate e non un volano di rinascita per messinesi, siciliani e cittadini di tutto il mondo.