Politica

No ponte, la voce critica dei movimenti va ascoltata da chi governa

MESSINA – Un altro sviluppo è possibile lontano dal modello delle grandi opere. Ambiente, giustizia sociale, infrastrutture e servizi ma niente ponte sullo Stretto. L’appuntamento con il nuovo corteo è il 12 agosto a Piazza Cairoli. Le varie anime del movimento No ponte ritornano in piazza ed espongono le loro ragioni attraverso interventi ma anche momenti musicali e di mobilitazione. Si tratta di un mondo variegato che non può essere ignorato dal governo. Le istanze e le necessità espresse da buona parte di queste realtà associative, culturali e politiche, costituiscono un programma che richiede interventi immediati nella disastrata Sicilia. E ancora più disastrata Messina.

Alta velocità, valorizzazione dello Stretto, trasporti marittimi spediti tra Messina e Reggio: la maggior parte delle persone contrarie al ponte considerano troppo invasiva, sul piano ambientale e dell’impatto sulla città, la grande opera e ritengono che un altro modello di sviluppo sia necessario. E, comunque la si pensi, si tratta d’istanze da mettere in agenda. Per di più, in un’isola dove le autostrade sono mulattiere e i treni viaggiano alla velocità di una lumaca.

È chiaro che il ponte non sarebbe alternativo alla modernizzazione della Sicilia, come abbiamo già evidenziato su questo giornale, e che alcune opere possono essere realizzate in contemporanea, anzi sono previste proprio in parallelo e in funzione del progetto. Tuttavia, rimangono forti perplessità sull’impianto propagandistico approntato dal ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini.

La valutazione sul ponte avrebbe dovuta essere più ponderata senza la spinta propagandistica del ministro Salvini

Una valutazione sul ponte avrebbe dovuto essere più laica e ponderata, tra i suoi pro e i suoi contro, in attesa del passaggio da progetto definitivo a esecutivo, che prevede l’acquisizione di diversi pareri. Su tutti quello ambientale del Mite, ministero della Transizione ecologica. Invece, da strumento tecnico da valutare e sviscerare in modo laico, è diventato feticcio ideologico di un centrodestra e di un ministro che lo dipingono come la panacea di tutti i mali.

I quesiti sulla realizzazione e fattibilità tecnica, il piano economico, i dubbi sui tempi nella regione e nella città degli eterni lavori, le ricadute delle operazioni sul territorio in termini di disagi quotidiani: sono argomenti cruciali per un’analisi rigorosa del progetto ponte. L’ho già scritto: una parte del centrodestra, e in particolare il ministro Salvini, ha fatto del ponte una sorta di riedizione del milione dei posti di lavoro di berlusconiana memoria, senza favorire un’analisi rigorosa di luci e ombre. Troppi gli slogan e gli annunci.

Per un modello di sviluppo in armonia con il territorio

Nel frattempo, i movimenti no ponte, nelle loro varie anime, chiedono un processo di modernizzazione di strade e autostrade, ferrovie e aeroporti ma senza quello che giudicano un mostro ingombrante. Comunque la si pensi, in democrazia, questa voce ambientalista, e che pone reali problemi, va ascoltata. Propone un modello di sviluppo in armonia con il territorio e le incognite sono troppe per non avere dubbi o approfondire la materia.

Un atteggiamento più riflessivo sui pro e contro, da parte del ministro Salvini e dei fautori del ponte, sarebbe stato più rassicurante, considerata l’entità economica e la complessità dell’operazione.