“La paventata rottura di carico effettuata a Villa San Giovanni e Messina non è più un obiettivo, poiché anche il Ministero dei Trasporti ha chiesto di mantenere il servizio di continuità territoriale effettuato a bordo treno”. Lo hanno dichiarato i vertici nazionali di Rfi ed è una vittoria del movimento #ilferribottenonsitocca, che scese in piazza compatto il 14 febbraio 2015, due anni fa, per manifestare contro l’isolamento della Sicilia.
“La rottura del carico, a suo tempo propagandata come modernizzazione del sistema – ribadiscono oggi i rappresentati del movimento -, era in realtà un rilevante taglio alle sovvenzioni statali per la continuità territoriale garantita con il servizio universale ferroviario a lunga percorrenza”.
“Noi vogliamo tutto” era un altro degli slogan portati in piazza e ancora oggi valido. “#ilferribottenonsitocca è un movimento di scopo – dice Rafael De Francesco – e la rappresentanza è trasversale. Accogliamo la marcia indietro di Rfi e rilanciamo. Non possiamo accontentarci di mantenere il vecchio sistema esistente. Servono treni veloci su navi moderne e ripristino delle sovvenzioni per il traghettamento veloce dei pendolari, vogliamo trasporti paragonabili al resto del Paese”.
Si parla anche di inserire il traghettamento veloce dei pendolari nel contratto per la continuità territoriale. “Ma per quanto c’è dato sapere si agisce ancora con le solite scatole cinesi delle sovvenzioni per passare soldi da un servizio all’altro senza impiegare nuove risorse – afferma il segretario regionale dell’Orsa, Mariano Massaro -. Navi ferroviarie e aliscafi sono due servizi diversi necessari che hanno bisogno di capitoli di spesa diversi. Invece il servizio veloce viene pagato da Rfi coi soldi tolti dalla continuità territoriale e questo ricade sulla qualità del servizio e sugli stipendi dei lavoratori, i più bassi di sempre”.
Non solo protesta ma anche proposta. Già due anni fa l’associazione Ferrovie Siciliane presentò al Governo e ai vertici di Rfi un progetto che, con l’impiego di poche risorse, avrebbe dimezzato i tempi di attraversamento dello Stretto. L’allora amministratore delegato di Rfi, Michele Mario Elia, disse che uno studio simile era già al vaglio dei tecnici ferroviari ed era prevista una nave con caratteristiche innovative ma il Governo non ha stanziato un solo euro in più per la modernizzazione dell’attuale sistema. “Basterebbe che la nuova nave in progetto fosse bidirezionale – dice Giovanni Russo, presidente di Ferrovie Siciliane -, in modo tale da non dover fare la manovra di regresso. Stiamo elaborando un nuovo progetto, che migliora ancora i servizi di quello precedente e con tempi ridotti”
Quella proposta fu oggetto di un’interrogazione presentata al Governo dal Movimento 5 Stelle, in particolare dal vicepresidente della Camera, Luigi Di Maio, e dal deputato messinese Francesco D’Uva. “Ancora aspettiamo risposta – dice D’Uva – e la sollecitiamo. Aver scongiurato la rottura di carico è stata una vittoria di tutti, senza bandiere politiche, ma ora serve rilanciare il servizio”.
Una richiesta che, secondo Giuseppe Terranova, di Orsa Ferrovie, deve arrivare a gran voce come quella di due anni fa. “Servono treni, orari e prezzi adeguati. Il tavolo è aperto per ottenere anche velocizzazioni della rete siciliana, forse dovremmo fare nuove manifestazioni per ottenere risultati perché accettare il nuovo progetto significherebbe accontentarsi dell’esistente. I tempi di traghettamento dei treni possono essere dimezzati, anche se bisogna considerare il ricollocamento dei manovratori perché non possiamo permetterci di perdere neppure un posto di lavoro”.
Nell’annuncio di Rete Ferroviaria è presente anche l’intenzione di costruire navi nuove ma non sono specificate le caratteristiche né se siano in grado di dimezzare i tempi di traghettamento. Anzi si vocifera già di navi gemelle all’attuale Messina che potrebbero mantenere solo il servizio così com’è, con i noti tempi di attraversamento eccessivi per il farraginoso sistema di carico e scarico. Marcello Puglisi, del sindacato Cosmar, si è soffermato sui problemi tecnici della nave Messina e sulla necessità di migliorie per la nuova nave. “Che si pensi ad una Messina 2 ci fa sobbalzare – dice -, quel progetto è del 2009 ed è già vecchio. Tra l’altro non ha ridotto i tempi di traghettamento, ha una potenza inferiore rispetto alle vecchie navi, 6mila cavalli contro 17mila cavalli, se c’è scirocco deve fare una rotta di sicurezza, ha tre propulsori al posto di due ma i comandanti non possono gestirli contemporaneamente”.
E dire che la nave Messina è l’unica pienamente in servizio. La Logudoro è sotto sequestro, mentre le navi Scilla e Villa sono state fermate. “La Capitaneria di Porto – conclude Puglisi – dice che la Messina è l’unica che può navigare in sicurezza perché è aperta. Ma ci sono esempi di navi incendiate anche se aperte perché il vento alimenta le fiamme. La Norman Atlantic, nell’Adriatico, con 28 morti, la Sorrento a largo delle Baleari”.
Tra l’altro, da dieci giorni è scaduta la deroga per far restare a bordo dei treni i passeggeri sulla Messina durante il traghettamento. Nota positiva, invece, il riutilizzo della nave Villa, come riserva. Di recente, il treno 1955 proveniente da Roma ha viaggiato con 70 minuti di ritardo, costringendo l’unica nave in linea (la Messina) ad attenderne l’arrivo a Villa San Giovanni, ne è conseguito che la nave a sua volta ha accumulato un significativo ritardo ricaduto sul treno successivo, il 1959, anch’esso proveniente da Roma in perfetto orario ma per traghettare ha dovuto attendere a Villa San Giovanni il ritardo dell’unica unità navale ferroviaria in servizio. Un problema che, almeno per il momento, dovrebbe essere risolto.
(Marco Ipsale)