«Per l’iscrizione all’albo dei tiratori?» Risponde una delle impiegate dell’ufficio in cui vengono rilasciati i badge per i tornelli di Palazzo Zanca: «Nella stanza accanto». Le orecchie captano il “segnale”, la curiosità ci assale, soprattutto perché a colpire è l’aspetto affabile e distinto del ragazzo che si è recato in Comune per presentare la propria iscrizione. Aspettiamo che esca e lo fermo: dopo una veloce presentazione, compresa l’assoluta disponibilità a parlare gli chiedo da quanto tempo e soprattutto perché è diventato un tiratore: «Nella mia famiglia sono il primo – afferma – la prima volta è stato cinque anni fa, all’età di 21 anni. Nella mia famiglia sono accadute delle cose particolarmente gravi e difficili da affrontare e per fede, dopo aver vissuto quei momenti, ho deciso di offrire la mia gratitudine a Maria. Ecco perché per ormai per me il ferragosto è un evento a cui non posso non prendere parte. Un rito».
Umberto, questo il suo nome, decide ha una idea ben precisa riguarda la decisione di istituire l’albo dei tiratori e soprattutto in merito alle “tensioni” degli ultimi giorni avvertite tra il Comitato Vara da un lato, amministrazione e forze dell’ordine dall’altro: «Per me non rappresenta assolutamente un1 problema, appena ho potuto sono venuto perché io amo fare le cose nella legalità e non ci trovo assolutamente nulla di male. Mi interessa poco stare a pensare al perché e al per come si sia deciso di istituire l’albo, quello che importa è essere presenti quel giorno. Personalmente però ho la sensazione che saranno veramente pochi quelli che verranno qui per rispettare questa nuova regola».
Un giovane messinese, che alle spalle non porta nessuna “particolare” tradizione di famiglia, essendo, come detto, il primo, ma a cui piacerebbe che i propri figli tale tradizione la rispettassero: «Vorrei tanto che qualcuno dopo di me facesse quello che ho fatto io, perché per me la processione dell’Assunta è uno dei momenti più importanti nelle tradizioni messinesi. Anzi direi proprio che la Vara è Messina».
Come riconosciuto dallo stesso Umberto non saranno in tanti coloro che si recheranno a Palazzo Zanca per far apparire il proprio nome nell’albo, e dopo tutto il semi-deserto dell’ufficio in cui è necessario sbrigare la pretaica, non fa che confermare tale tendenza. Al tempo stesso, però, negli occhi giovani e svegli di questo ragazzo, anche i più scettici potrebbero cominciare a pensare che in fondo, la Vara non è solo una questione di “famiglia”. In punta di piedi, comprendendo bene la “delicatezza” dell’argomento, gli chiediamo se è possibile sapere anche il suo cognome, e con l’educazione che ne distingue i modi, non esita un attimo a rispondere: «Mi chiamo Umberto Mangano e sono fiero di essere un tiratore». Anche questo significa “vivere un atto di fede”. (ELENA DE PASQUALE)