MESSINA – Dal segretario generale della Uil Messina, Ivan Tripodi, riceviamo e volentieri pubblichiamo.
Caro Direttore,
ho letto con molta attenzione il suo pregevole pezzo a commento dell’ultima recentissima tragedia sul lavoro nella quale, in un cantiere all’ospedale Papardo, ha perso la vita il povero Nunzio Micale.
Un’analisi a tutto campo sul tema dei morti sul lavoro giustamente densa di indignazione e allo stesso tempo spietata nel lanciare una forte provocazione verso tutti i soggetti, istituzionali e sociali, che, pur con ruoli e soprattutto responsabilità molto diverse, ruotano attorno a questa tematica che, a nostro avviso, rappresenta, oggi più che mai, una vera e propria emergenza democratica che, in pieno Terzo Millennio, investe e sfregia le coscienze del Paese. Una questione che evidenzia come la cosiddetta Costituzione materiale è ben lontana dalla piena applicazione dei principi sanciti e scolpiti nella Carta costituzionale.
In questa direzione, intendiamo ribaltare una narrazione dominante, profondamente errata, che addirittura parte da una deriva, in primis, lessicale dietro la quale si nasconde molta sostanza: insistono a chiamarle “morti bianche”, ma, come ovvio, della purezza e del candore tipiche di quella tinta non hanno assolutamente nulla. Queste immani tragedie, infatti, sono intrise del colore del sangue che, purtroppo, scorre senza sosta lasciando una scia di dolori e drammi familiari. Il numero dei lavoratori morti sul lavoro è agghiacciante e non lascia scampo ad interpretazioni fatalistiche poiché non si tratta di vittime di un destino cinico e baro. Si tratta, sic et simpliciter, di innocenti caduti sul lavoro a causa di gravissimi e criminogeni deficit sul tema della sicurezza, della formazione e, anche, perché vi sono coscienti irresponsabilità dettate dalla cupidigia legata al raggiungimento di maggiori profitti. Un mix micidiale che, anche a Messina, sta provocando troppi lutti.
In Italia, nel solo 2022, si sono contate 1.090 vittime sul lavoro. Una mattanza senza fine, un numero pauroso e inaccettabile che, però, viene incredibilmente considerato e metabolizzato alla stregua di un inevitabile effetto collaterale del lavoro.
La Uil, a tutti i livelli, ha fatto diventare la vicenda dei morti sul lavoro una questione dirimente della sua quotidiana azione sindacale perché “gli infortuni sul lavoro, spesso, non sono incidenti, ma sono omicidi” come giustamente afferma senza sosta proprio il segretario generale della Uil PierPaolo Bombardieri.
Spesso ci chiediamo cosa farebbe lo Stato se lo stesso numero di morti fosse provocato, per esempio, da un attentato terroristico; siamo certi che partirebbe, giustamente, un’azione legislativa e repressiva senza sosta finalizzata ad annientare e distruggere il fenomeno.
In tal senso, è bene rammentare e denunciare pubblicamente che il nuovo codice degli appalti presentato nei giorni scorsi dal governo nazionale ha pesantemente ridimensionato il potere e il ruolo dell’ispettorato nazionale del lavoro, assoggettandolo ai consulenti del lavoro, e ha istituzionalizzato il sistema del subappalto: una scelta che rischia di azzerare i diritti, la sicurezza e le tutele dei lavoratori.
Un pericoloso arretramento normativo e culturale che ci fa sprofondare in tempi ancora più bui nei quali i morti sul lavoro non avevano neanche la dignità dell’essere notizia… Pertanto, la drammatica realtà odierna ci dice che le lancette della storia sulla materia dei diritti e della sicurezza dei lavoratori rischiano di tornare pericolosamente indietro.
Noi non ci arrendiamo e non accetteremo questo cinico disegno. Infatti, proprio nei giorni scorsi, siamo già scesi in piazza con il mondo degli operai edili per contrastare una strategia che mette a repentaglio la vita dei lavoratori. Certamente faremo la nostra parte fino in fondo, ben sapendo che in questa battaglia di civiltà, finalizzata raggiungere l’obiettivo che noi abbiamo definito “Zero morti sul Lavoro”, ci scontriamo con una realtà rappresentata da queste assurde e indecenti novità legislative.
Pertanto, caro Direttore, accettiamo la sua provocazione e siamo pronti a siglare qualsivoglia intesa per fermare questa mattanza. Ma, dall’altra parte, chi è disponibile ad accettare questa sfida epocale e a sottoscrivere impegni finalizzati a realizzare una radicale sterzata sul tema in questione? A questo interrogativo lapalissiano, i fatti esposti ci danno, purtroppo, un’inequivocabile risposta. Anche per questo siamo assolutamente persuasi che solo attraverso una forte mobilitazione sociale si potrà ribaltare il tavolo e rimettere al centro le persone, i lavoratori e i loro bisogni di sicurezza e, più in generale, di diritti.
È questa la sfida di questa fase difficile e complicata. Tutto il resto sono chiacchiere inconsistenti e parole inutili.
Ivan Tripodi Segretario generale Uil