Politica

Non solo Sciotto, Messina deve cambiare la sua classe dirigente

MESSINA – Ancora una volta il calcio può essere metafora della vita politica e sociale. Il caso Sciotto, con l’avversione delle tifoserie organizzate nei confronti del presidente dell’Acr Messina, che cosa “racconta” in fondo? Che la gestione imprenditoriale deve essere impeccabile sul piano della comunicazione e degli obiettivi. E che il rapporto con gli altri, qui i tifosi, in altri ambiti i consumatori o i cittadini, va coltivato. Altrimenti, lo si paga caro.

Allora, mentre buona parte della città si augura che avvenga presto un cambio di società, dopo la firma del preliminare di vendita, bisogna interrogarsi su quanto il nostro mondo imprenditoriale, politico, culturale e sociale, sia adeguato a invertire la rotta rispetto alla crisi profonda di Messina. Occorre, nel tempo, ma creando subito le premesse e innovando in profondità, una nuova classe dirigente per Messina. Imprenditori in primis. Ma anche, senza generalizzare, rappresentanti nazionali, regionali e locali. Basta assistere a qualche Consiglio comunale per comprendere quanto manchino la politica e le sue strutture organizzate, un tempo chiamati partiti.

Estendiamo il ragionamento a tutto il territorio della città metropolitana. L’annuale classifica sulla qualità della vita, curata da Italia oggi, non solo certifica il divario enorme tra sud e nord. Ma ci conferma anche la necessità di un salto di qualità a tutti i livelli per Messina e la sua provincia. Bisogna aprire le stanze di una città provinciale, asfittica, chiusa. E non è un problema di facce da sostituire. Servono cultura, apertura al mondo, attenzione alla giustizia sociale e all’ambiente.

Un ricambio generazionale per Messina

Chi è oggi ai vertici, dalla politica e l’imprenditoria ai sindacati e alle associazioni, deve favorire un ricambio generazionale, aprendo i luoghi chiusi e spesso vuoti del potere. Un esempio pratico? Se il sindaco Basile e il direttore generale Puccio gestiranno bene la riorganizzazione di Palazzo Zanca, avranno dato un contributo decisivo all’avvio di un apparato burocratico e amministrativo all’altezza (si spera) delle sfide che attendono Messina. O la rinascita. O la morte del territorio. Tertium non datur.