Quello della proprietà immobiliare e delle occupazioni abusive è un tema molto divisivo.
Si tratta di un terreno di scontro perenne tra i sostenitori di diverse teorie.
Da un lato i sostenitori della centralità della tutela della proprietà privata, in uno stato di diritto che possa definirsi liberale e rispettoso delle libertà individuali (anche, se non soprattutto, di quelle economiche come viatico per la tutela di tutte le altre libertà umane).
Dall’altro i sostenitori della idea collettivista secondo cui la tutela della proprietà di un bene, anche di un bene immobile, deve cedere il passo dinanzi a una sua possibile destinazione “sociale”, a tutela di diritti diversi da quelli puramente economici come la proprietà (confidando, quindi, in una presunzione di immacolata bontà e giustezza delle scelte prese dal decisore pubblico su cosa—e in quali casi—la proprietà sia da devolvere a finalità di tutela di diritti appartenenti a soggetti diversi dall’originario proprietario).
La diatriba sulla sacralità e sul concetto stesso di proprietà privata va avanti da decenni e ha visto schiere di libertari-individualisti fronteggiare schiere di socialisti-collettivisti sin dai tempi di Marx, passando per la scuola austriaca di economia e per quella di Chicago, giungendo sino ai giorni nostri.
Difatti eccoci qua.
L’episodio degli sgomberi romani di Piazza Indipendenza (precisamente di via Curtatone), ad esempio, è stato a lungo un argomento di discussione estiva tra queste due “fazioni”.
Al di là dello scontro puramente ideologico, restano i fatti. Sono decine e decine, infatti, gli edifici occupati nella Capitale e in tutta Italia, perché non si tratta di un problema soltanto romano.
Ragazzi dei centri sociali, senzatetto, rifugiati (spesso tramite racket criminali che organizzano dei veri e propri subaffitti illegali senza il consenso dei legittimi proprietari), cittadini bisognosi. Sono davvero tanti i casi di occupazioni di stabili altrui. Si stima che nella sola Roma ve ne siano più di settanta (ciò dice una delibera del Prefetto Tronca datata aprile 2016), per circa tremila persone che vi dimorano senza titolo alcuno.
Proprio con riferimento a uno di questi, ossia a un edificio sito in via del Caravaggio, è intervenuta recentemente una pronuncia del Tribunale di Roma che ha stabilito come il proprietario di un immobile illegittimamente occupato, che non sia riuscito a ottenere lo sfratto immediato dell’inquilino moroso, debba essere risarcito direttamente dal Ministero degli Interni, per avere quest’ultimo, a causa della propria inerzia o inefficienza, impedito al proprietario di godere del proprio immobile e di destinarlo a ulteriori locazioni, impedendogli, pertanto, di incassare i relativi canoni.
Sembra quindi delinearsi, nei confronti del problema delle occupazioni abusive, un diverso atteggiamento del mondo giurisprudenziale rispetto a quello tenuto sinora dalla politica e dalle varie ramificazioni governative sul territorio.
Il settore immobiliare, infatti, risulta già abbastanza martoriato per i fatti suoi.
A partire dalla mazzata ricevuta con l’IMU negli anni del governo Monti, che ha di fatto ucciso il mercato immobiliare (e la stessa sorte si è avuta anche per il settore della nautica), in un’ottica miope che ha preso di mira talune ben selezionate manifestazioni esteriori di presunta ricchezza e che non ha tenuto conto di tutto il lavoro, l’indotto e la ricchezza diffusa che tali settori erano in grado di generare.
Finanche all’annosa questione della cedolare secca, che tanto bene ha fatto alla ripresa delle locazioni abitative (nonostante le altre forme di tassazione immobiliare) e che ancora, inspiegabilmente, fatica ad essere estesa dal Governo alle locazioni con finalità commerciale.
A questo simpatico quadretto, si fa per dire, si aggiunge la sostanziale impotenza cui sono condannati i proprietari di case ed edifici che hanno subito l’occupazione dei propri beni e che si ritrovano nei fatti sprovvisti di qualsivoglia tutela (come dimenticare il famoso caso della masseria pugliese occupata da una famiglia rom che, per avervi eseguito dei lavori interni —chiaramente senza alcun consenso del proprietario espropriato—richiedeva a quest’ultimo un indennizzo per i “miglioramenti” eseguiti).
A settembre si era anche discusso di possibili mappature di tutti quegli edifici pubblici e privati sfitti o inutilizzati dai proprietari per un piano nazionale di riuso a fini abitativi. Sulla scorta di veri e propri espropri proletari, insomma.
La sentenza del Tribunale di Roma cui si è già accennato, invece, torna a puntare il dito contro lo Stato e contro la sua colpevole inerzia.
Il Tribunale romano, infatti, ha riconosciuto alla società proprietaria dell’immobile in via del Caravaggio il diritto a ottenere dal Ministero dell’Interno il risarcimento dei danni subiti a partire dal momento in cui è stato disposto il sequestro preventivo dell’immobile che, però, non è stato eseguito tempestivamente. Questo, quindi, il ritardo operativo addebitato al Ministero, il quale si è spesso trincerato dietro motivazioni di salvaguardia dell’ordine pubblico (come nei molti casi nella Capitale in cui gli edifici di privati vengono occupati da centinaia di rifugiati la cui sistemazione in altri luoghi risulta spesso problematica).
Il risarcimento ammonta a circa 266mila Euro al mese, da conteggiarsi a partire dal settembre 2014 e che dovranno essere corrisposti alla società proprietaria dello stabile sino al momento in cui l’edificio non sarà completamente libero e sgombero.
Il Tribunale ha chiarito che «sull’amministrazione dell’Interno grava l’obbligo giuridico di impedire l’altrui illecito, vale a dire occupazione, e soprattutto di adottare in un lasso di tempo favorevole le misure necessarie per porre ad essa fine».
Se il precedente resisterà alla prova dell’appello (già proposto dal Viminale), lo Stato non potrà più sottrarsi ai propri doveri continuando a ignorare tutti i casi in cui proprietari innocenti si vengono a trovare in questa drammatica situazione.
La speranza per i cittadini che si sono visti occupare casa illegalmente è quella che il rischio che corre il Ministero di dover fare fronte a tutti i possibili risarcimenti della stessa natura (stimati in circa duecento milioni di Euro complessivi), possa stimolare lo Stato a muoversi per tempo, prevenendo direttamente le occupazioni e sanzionandole duramente invece di intervenire (tardi) a danno già compiuto, nei pur rari casi in cui si decide di intervenire.
Finalmente, tramite un inaspettato innesto giurisprudenziale, questa potrebbe essere la volta buona che cambi una certa mentalità che si è sempre distinta per un’indifferenza (se non addirittura un’avversione) nei confronti della proprietà privata in tante sue forme, non ultima quella immobiliare alla mercé degli occupanti.
La proprietà, ai sensi del nostro codice civile, è il diritto assoluto di godere e disporre delle proprie cose in modo pieno ed esclusivo. Proprietà, quindi, è anche scegliere di non utilizzare un bene (dunque di non abitare un immobile, lasciarlo sfitto, farlo perire). Sono tutte manifestazioni del potere pieno ed esclusivo che ha il proprietario sul suo (e soltanto suo) bene.
La mente, in questi casi, va alla celebre opinione di Walter Block nel suo “Difendere l’indifendibile” circa gli avari e gli accaparratori (di denaro o di qualsiasi altro bene), gli ereditieri, i “vecchi bisbetici” o gli affitta-tuguri. A ognuna di queste figure si accompagnano altrettanti capitoli che sono autentiche perle di chiarezza e di logicità, e che spiegano come a ogni decisione apparentemente egoistica di costoro conseguano in realtà altrettanti benefici per la collettività (sul filone “vizi che diventano virtù”, Mandeville e Di Salvo sono letture obbligatorie).
Uno dei compiti precipui dello Stato è proprio quello di tutelare la proprietà individuale e, tramite essa, la stabilità degli scambi tra operatori economici e la stessa certezza del diritto. Soltanto tutelando la proprietà e la certezza di essa è possibile tutelare i diritti di tutti.
Infine, meritano di essere citate anche le recentissime sentenze dei giudici della Commissione Tributaria Provinciale di Roma (sentenza n. 25506/2017 e n. 26532/2017), secondo cui l’IMU e la TASI non sono dovute per gli immobili occupati abusivamente.
In linea di principio, le due imposte locali sono sempre dovute ogniqualvolta si abbia la proprietà o un altro diritto reale su un bene immobile e a prescindere dal suo utilizzo. Già nel 2015, però, la Cassazione (sentenza n. 5256) ha stabilito che, affinché possa dirsi effettivo l’utilizzo dell’immobile e quindi questo possa essere soggetto a tassazione, il possesso del bene «deve permettere al proprietario di ripristinare il contatto materiale con il bene quando lo voglia».
Il che, tradotto, vuol dire che se un immobile è occupato illecitamente da terzi il proprietario non è libero di «ripristinare il contatto materiale» col suo immobile ogniqualvolta egli lo desideri.
Di conseguenza, se il proprietario di un edificio occupato non è libero di rientrarvi in possesso in qualsiasi momento (come di fatto accade nelle occupazioni abusive), le tasse locali su quel bene semplicemente non sono dovute.
Con tutti gli oneri che ciò comporta per le casse delle amministrazioni pubbliche, le quali:
1) perdono gettito IMU e TASI se l’edificio tassabile viene occupato (come ha deciso il giudice tributario);
2) sono tenute a sostenere ingenti spese per sgomberarlo con la forza;
3) se non provvedono allo sgombero, possono essere chiamate a risarcire i danni subiti dai proprietari (come stabilito dal giudice ordinario).
In questo collo di bottiglia in cui si sono venute a trovare le amministrazioni cittadine, e con esse il Ministero dell’Interno, l’unica cosa certa è che, in un modo o nell’altro, la soluzione al problema delle occupazioni costerà loro molto cara.
Insomma, negli ultimi mesi stiamo assistendo a violente sferzate contro l’immobilismo dello Stato che, da adesso, sarà chiamato a reagire prontamente a condotte illecite come le occupazioni se non vorrà vedersi privato di importanti somme, sia sotto forma di ingenti risarcimenti, sia sotto forma di mancati introiti per IMU e TASI non dovute.
Marco Taviano CONFEDILIZIA MESSINA