La nuova indagine sui bilanci targati gestione Accorinti ha riaperto il dibattito sul dissesto e sul Piano di Riequilibrio.
Sulla vicenda interviene, tornando sull’argomento come fatto numerose volte negli anni scorsi, LabDem a firma del responsabile delle politiche finanziarie Luigi Beninati, del Coordinatore Regionale Francesco Barbalace e del Coordinatore Provinciale Giuseppe Fera.
Nella nota si evidenzia come gli ex amministratori comunali della giunta Buzzanca siano stati rinviati a giudizio per la stessa ragione che potrebbe essere contestata all’attuale giunta, ovvero l’aver voluto evitare il dissesto.
“ Qualcuno spieghi al Sindaco Accorinti che non è lui, ma la legge a determinare se é possibile portare avanti il piano di riequilibrio oppure, non essendoci i numeri si deve dichiarare il dissesto- si legge- Cercare a tutti i costi di evitare una realtà che è nei fatti, è possibile solo alterando i dati finali contabili. E’ per questa ragione che sono stati rinviati a giudizio i precedenti Amministratori e Dirigenti del Comune di Messina. Quanto ai sacrifici imposti da un eventuale dissesto ci spieghi quali sono: le tariffe dei servizi sono già al massimo e la Corte dei Conti ha vietato al Comune qualunque spesa eccedente l’ordinaria amministrazione. La stessa Corte dei Conti ha ritenuto gli atti finanziari dell’Amministrazione Accorinti così “apprezzabili” da volerne condividere il contenuto con la propria Procura Regionale, già oltre un anno fa. Gli stessi atti che ora attirano l’attenzione della Procura della Repubblica; il tutto per difendere un piano di riequilibrio che i revisori dei Conti hanno già dichiarato sostanzialmente fallito in considerazione dei gravi scostamenti tra quanto dal Comune programmato e quanto, invece, realizzato nei suoi primi due anni di applicazione. L’essere “assolto per non aver compreso il fatto” come indica il titolo ironico del libro di Nina Lo Presti e Gino Sturniolo a lui dedicato non è una formula legale che salva da responsabilità di vario genere”.
I LabDem invitano Accorinti a fare piena luce sulla reale situazione del Comune di Messina, poiché la “macelleria sociale” rischia di realizzarla l’amministrazione non riconoscendo a circa 14.000 creditori quanto loro dovuto e non presentando piani industriali che consentano una più sana gestione delle partecipate.