MESSINA – Giovanni Calabrò non è più il liquidatore di Messinambiente. L’uomo scelto dalla giunta Accorinti per prendere le redini della società rifiuti dopo l’addio di Alessio Ciacci, ha rassegnato le sue dimissioni durante l’assemblea dei soci che si è tenuta venerdì a Palazzo Zanca. Dovrebbe essere pronto a prendere il suo posto Pietro Picciolo, già nominato a luglio da De Luca nel collegio dei revisori dei conti Atm. Commercialista, anche Picciolo arriva dalla galassia Fenapi dove si occupa di assistenza fiscale.
Domani o dopodomani le dimissioni saranno ratificate, già da venerdì sera però Calabrò non è più alla guida di Messinambiente.
«Sono un uomo libero, la scorsa notte finalmente ho dormito» dice scherzando, quasi a voler sdrammatizzare una decisione sofferta ma che si è rivelata necessaria. «Ho preferito fare un passo indietro prima di essere dimissionato dal sindaco De Luca, anche perché nei fatti è stato così fin dal principio. Non si è costruito quel rapporto di fiducia che deve stare alla base di incarichi di questo tipo e così delicati per la condizione in cui si trova Messinambiente. Lascio con la certezza e la consapevolezza di aver fatto tutto quello che è stato nelle mie possibilità e anche oltre, sacrificando in questi anni la mia famiglia e la mia vita» dice Calabrò che lascia Messinambiente in una fase cruciale.
C’è ancora aperta la questione del concordato, ma l’ormai ex liquidatore è sereno per aver fatto tutti i passaggi per scongiurare la dichiarazione di fallimento. Una via complicata e tortuosa che la società e la vecchia amministrazione hanno portato avanti con determinazione e che adesso si trova ad un passo dall’esito. «In questo momento c’è una sorta di stand-by perché dopo il no dei creditori l’avvocato Marcello Parrinello ha presentato ricorso alla Commissione Tributaria contro il responso e le mancate motivazioni dell’Agenzia delle Entrate. Adesso si aspetta l’esito della Commissione. Nel frattempo potrebbe arrivare il pronunciamento del Tribunale fallimentare che però potrebbe anche decidere di attendere il responso del ricorso. La questione è molto delicata» spiega Calabrò che resta con il rammarico di non aver trovare nel sindaco De Luca un’amministrazione comunale che credesse in questo concordato e che sposasse l’azione avviata per evitare un fallimento che pesa 100 milioni di euro sul Comune.
«Dal sindaco sono arrivati anche tanti attacchi riferiti al mio lavoro e al mio operato, è stato detto che non ho fatto i bilanci, ha parlato di negligenza, ma io sono pronto a confrontarsi in qualunque sede per dimostrare che lavoro è stato fatto. L’unico bilancio che mancava è il 2017 ma perché si tratta dell’anno cruciale per il concordato, un anno in cui tutte le carte della società sono state sotto la lente del Tribunale fallimentare».
ALTRE NOMINE
E per Messinambiente nomine anche sul fronte del collegio sindacale. Anche in questo caso i nomi sembrano essere usciti da un perfetto manuale Cencelli. Alla presidenza è stato scelto Francesco Vito, commercialista di Roccalumera con una lunga serie di incarichi come revisore dei conti in partecipate pubbliche e consorzi, che arriva dalla grande famiglia Fenapi di De Luca dove riveste il ruolo di responsabile nazionale di assistenza fiscale.
Il secondo nome invece è quello di Giovanni Capillo, cognato dell’ex ministro ed ez segretario Udc Giampiero D’Alia. Una nomina che rinforza ulteriormente il legame che De Luca ha stretto con D’Alia: dopo la nomina della cugina Chiara Giorgianni nel Cda di Arisme, l’Ageniza per il risanamento, e del suo fedelissimo LucianoTaranto nella Commissione Urbanistica, ecco un incarico anche per il cognato nei revisori di Messinambiente.
Il terzo nome che chiude la rosa è quello di Claudia Pagano, funzionaria dell’Università di Messina, attualmente segreteria amministrativa del Dipartimento di scienze politiche e giuridiche.
Francesca Stornante