Amministrare la propria città è considerato uno degli onori più grandi da coloro i quali credono nella politica con la P maiuscola, intesa come servizio e non come privilegio . Ma il prossimo sindaco, oltre a fregiarsi dell’onore di rappresentare Messina, sentirà forte sulle sue spalle il peso della responsabilità e l’urgenza di dare risposte alla città ed ai cittadini. Il sindaco che da domani siederà ufficialmente nella poltrona più alta di Palazzo Zanca dovrà infatti immediatamente affrontare le innumerevoli emergenze che attanagliano Messina e trovare soluzioni per fare uscire il Comune dal baratro in cui si trova .
In primis, c’è da prendere di petto l’emergenza economico-finanziaria. Mai come adesso l’ente è stato ad un passo dal dissesto, che equivale non solo al fallimento dei conti ma di una intera città e di un’intera economia, che rischia di paralizzarsi. C’è da sbrogliare il nodo del piano decennale di riequilibrio e capire se ci sono i margini per apportare le modifiche necessarie ad evitare la bocciatura del documento da parte del Ministero e della Corte dei Conti. Da quel piano dipende sia l’adesione al “Salva-Comuni” nazionale e l’erogazione di circa 50 milioni di euro previsti per Messina nel Fondo di Rotazione sia lo stanziamento del prestito di circa 33 milioni di euro da parte del Governo regionale. Senza tali risorse, il prossimo sindaco sarà costretto ad avviare le procedure per il dissesto.
Il default non sarà l’unico “grattacapo” ( per usare un eufemismo) per il prossimo sindaco, il quale dovrà mettere fine all’ l’emergenza Partecipate. I conti in rosso delle società che orbitano attorno al Comune rientrano nella più generale emergenza finanziaria del Comune, ma se il dissesto alla fine sarà scongiurato, il primo cittadino dovrà mettere mani anche all’organizzazione delle aziende municipali. Atm e Messinamente sono i casi simbolo di una mala gestio perpetrata negli anni: sia l’azienda che si occupa di trasporto pubblico che la società che effettua la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti sono messe in liquidazione, per entrambe il futuro è nebuloso ed il primo cittadino dovrà tracciare il percorso da seguire, senza più scuse e senza più perdere tempo. In gioco c’è il futuro di un migliaio di lavoratori, circa 1200 in totale, e di due servizi essenziali, irrinunciabili, che qualificano una città come civile o incivile. Bilanci sani e conti in ordine delle società partecipate rappresentano l’unica via possibile per evitare che in futuro le strade di Messina siamo colme di sacchetti di spazzatura e prive di autobus.
Dalla dichiarazione o meno del dissesto dipende la sopravvivenza dei servizi sociali, anche questo settore in piena emergenza che il prossimo sindaco dovrà rivedere seguendo due finalità: garantire assistenza ai bisognosi veri ed assicurare un’occupazione agli operatori sociali, spesso bistrattati dalle cooperative e dimenticati dagli amministratori.
A pregare che il Comune non fallisca sono anche i 302 contrattisti di Palazzo Zanca, che rischiano di andare a casa, magari dopo 20 anni trascorsi in attesa di quella stabilizzazione promessa da più parti e mai arrivata. Alla situazione incerta dei precari comunali si aggiunge quella disastrosa di tanti altri lavoratori, già licenziati o in cassaintegrazione, nel settore pubblico ed in quello privato. E della preoccupante emergenza occupazionale il sindaco dovrà interessarsi in prima persona, anche quando le competenze non saranno dirette. C’è un popolo di “disperati” a cui far sentire almeno la propria vicinanza: ci sono i lavoratori della Triscele, dell’ Aicon, dell’Ente Fiera, dei Cantieri Rodriquez , dell’ex Detective, i lavoratori del comparto marittimi. E poi, ci sono i tanti, troppi giovani di questa città, senza un lavoro e senza più speranze.
Il sindaco dovrà essere per loro e per tutti loro un punto di riferimento, dimostrando di essere consapevole che rivestire la carica di primo cittadino è un grande onore che porta con sé grandi oneri. (Danila La Torre)