MESSINA – Non ha fatto sconti neppure a chi ha ascoltato, il procuratore generale Salamone, al processo d’appello dell’operazione Beta. Alla fine di una lunghissima requisitoria, andata avanti in più giorni, nella tarda serata di oggi il magistrato che rappresenta l’Accusa ha messo nero su bianco le sue conclusioni, chiedendo una sostanziale conferma delle condanne emesse il 22 dicembre del 2020.
Poche le riforme sollecitate alla Corte (presidente Tripodi): l’assoluzione di un’accusa- estorsione contestata a Ivan Soraci e Michele Spina, con la condanna che scenderebbe a 12 anni (anziché i 12 e 8 mesi del primo grado) per entrambi; la prescrizione per Giuseppe Amenta e Domenico Bertuccelli, dopo l’esclusione dell’aggravante contestata. Per tutti gli altri Scaramuzza ha invocato la conferma delle condanne. Dopo aver ripercorso tutto il processo, il PG ha chiaramente concluso che per tutti le accuse sono state provate dal processo. E anche per il Pg il collaboratore di giustizia Biagio Grasso è pienamente credibile. Si torna in aula lunedì prossimo per dare la parola ai difensori, a cominciare dall’avvocato Nino Favazzo che assiste uno dei principali protagonisti dell’inchiesta, l’avvocato d’affari Andrea Lo Castro. Poi si andrà avanti secondo un fitto calendario d’udienza e a fine mese potrebbe arrivare la sentenza.
La sentenza di primo grado risale a poco prima di Natale del 2020: 14 anni per l’avvocato Andrea Lo Castro, 13 per il costruttore Carlo Borella, già presidente dell’Associazione messinese dei costruttori, 16 anni per Francesco Romeo e 12 anni per Pietro e Vincenzo Santapaola (leggi qui TUTTE LE ALTRE CONDANNE)
Si tratta di una delle più importanti inchieste giudiziarie degli ultimi anni, che ha portato alla luce i legami ancora esistenti tra i nipoti messinesi di Santapaola, gli omonimi e i Romeo, e i contatti con i principali affaristi, non soltanto cittadini. I loro interessi spaziavano dalle costruzioni al business delle forniture sanitarie, passando per il fiorente settore del gioco d’azzardo on line.
Fondamentale, secondo la Procura di Messina, il ruolo dei così detti colletti bianchi, i professionisti del mattone e delle consulenze, legali e commerciali, pienamente consci del profilo criminale dei soggetti con i quali facevano affari (Leggi qui I MOTIVI DELLE CONDANNE). A confermare i sospetti degli investigatori, l’ex “geometra” Biagio Grasso, collaboratore dei costruttori e socio di fatto dei Romeo, colui il quale li convinse a investire nel mattone. E’ stato lui, divenuto collaboratore di giustizia, a svelare molti retroscena ai magistrati della Direzione distrettuale antimafia.
Gli arresti scattarono in due tranche, tra il 2017 e il 2018. A condurre l’inchiesta, sotto il coordinamento del procuratore aggiunto Vito Di Giorgio, sono stati i PM Liliana Todaro e Fabrizio Monaco. A difendere gli imputati, invece, ci saranno gli avvocati Franco e Nunzio Rosso, Nino Favazzo, Massimo Marchese, Salvatore Silvestro, Antonino De Francesco, Antonio Catalioto, Alessandro Billè, Isabella Barone, Alberto Gullino, Aurelio Chillemi, Mauro Lizzio, Carlo Autru Ryolo, Antonello Scordo, Giuseppe Calabrò e Antonio Giacobello.
Tra le parti civili c’è anche il Comitato Addio Pizzo, che al processo era assistito dall’avvocato Olga Cancellieri, la professionista messinese spirata dopo un incidente, nella vana attesa di un’ambulanza del 118.