Quando fu freddato con cinque colpi di pistola, Francesco La Boccetta aveva trentotto anni e, di fatto, teneva le redini del gruppo Trischitta di Santa Lucia Sopra Contesse. Era il 13 marzo del 2005, il suo omicidio era stato deciso a tavolino poche settimane prima, dietro le sbarre del carcere di Gazzi. Oggi, dopo dieci anni, i carabinieri del Nucleo Investigativo di Messina sono riusciti a chiudere definitivamente il cerchio ed individuare in Giuseppe Pellegrino, 52 anni, e Angelo Bonasera, 54 anni, due dei mandanti di quell’omicidio.
Fu un periodo di grandi tensioni, quello dei primi mesi del 2005, travagliato da lotte intestine tra le famiglie mafiose che gestivano i traffici della zona di Santa Lucia Sopra Contesse. Il duello tra i gruppi di Pietro Trischitta e Giacomino Spartà, che fino ad allora si era mantenuto su un equilibrio delicatissimo, rischiava di sfociare in una vera e propria guerra di sangue.
Quella sera di marzo, La Boccetta stava rientrando nella Casa di Accoglienza dove scontava i domiciliari quando due tipi, in sella ad una moto, lo avevano affiancato sparando a raffica con una calibro 7.65. Uno era Sergio Micalizzi, l'altro Gaetano Barbera. Il mese dopo, il 29 aprile, arrivò la vendetta: Sergio Micalizzi fu ucciso durante un agguato sul Viale Europa. Poche ore dopo arrivò anche la risposta. A morire fu Roberto Idotta, mentre Gabriele Fratacci rimase ferito.
Gli equilibri si erano ormai frantumati e Messina rischiava di piombare in una guerra tra clan criminali, fatta di omicidi ed agguati. A porvi fine furono le indagini immediate dei carabinieri e della Direzione Investigativa Antimafia che, con le operazioni Ricarica e Mattanza, decimarono le fila delle famiglie mafiose e rinchiusero in carcere quasi tutti gli autori ed i mandanti degli omicidi. All’appello, però, mancavano due di quello ordito nei confronti di La Boccetta. Mancava il quadro completo, il movente esatto. E’ arrivato oggi.
Francesco La Boccetta aveva iniziato la sua “carriera” negli anni ’80 e, in breve, era riuscito a farsi posto tra i vertici. Da luogotenente di Luigi Sparacio, La Boccetta era arrivato prima al clan di Giacomino Spartà e poi a quello di Pietro Trischitta. Arrestato e denunciato più volte per associazione mafiosa, nel marzo del 2015 era rimasto uno dei pochi esponenti del clan Trischitta ancora a piede libero. Pietro, il boss, era al carcere duro mentre tutti gli altri si trovavano dietro le sbarre di Gazzi. La Boccetta aveva colto l’occasione per prendere le redini e gestire gli affari della “famiglia” tra mantenimento dei detenuti, spaccio ed estorsioni. Però lo faceva male, senza rispetto, o almeno così la pensavano a Gazzi. Grazie alle dichiarazioni dei pentiti, ed in particolare a quelle di Daniele Santovito e Gaetano Barbera, i militari coordinati dal Maggiore Ivan Boracchia sono riusciti a far luce su tutti i retroscena di quell’omicidio.
La Boccetta doveva essere punito perché aveva tradito il suo gruppo avvicinandosi sempre più a quello di Santo Ferrante. Non solo. Gestiva male il mantenimento delle famiglie dei detenuti, vendeva partite di droga per proprio conto, aveva mentito dicendo che Micalizzi e Barbera avevano fatto sparire della cocaina, quando invece era stato lui a venderla in privato. Alle orecchie di Santovito era anche giunta voce che La Boccetta avesse malmenato Giovanni Strano (suocero di Santovito) mentre a quelle di D’Arrigo era arrivata la notizia che La Boccetta avesse maltrattato Micalizzi per dei biglietti della partita del Messina.
La Boccetta doveva morire, bisognava solo organizzare il tutto. Così, una settimana prima del 13 marzo, nel carcere di Gazzi si tenne una riunione tra Salvatore Centorrino, Marcello D’Arrigo, Daniele Santovito, Angelo Bonasera e Giuseppe Pellegrino, tutti esponenti del gruppo Trischitta. Mancava solo il placet del capo Pietro, allora al carcere duro. Si temeva che questi, molto legato a La Boccetta, potesse reagire male. Ma nel summit tutto venne sistemato. Per l’esecuzione materiale ci avrebbe pensato D’Arrigo che aveva un cellulare ed anche uomini liberi e disponibili sul territorio per “sistemare” il fattaccio.
Per l’omicidio di La Boccetta sono già stati condannati all’ergastolo Gaetano Barbera, uno degli esecutori materiali, Marcello D’Arrigo e Daniele Santovito, come mandanti. A loro, oggi si aggiungono i nomi di Pellegrino e Bonasera. Ed il cerchio si chiude. (Veronica Crocitti)