Il laboratorio pasticceria dei fratelli La Valle era una tappa obbligata per il “popolo della notte” così come per tutti i lavoratori che tiravano tardi, o cominciavano molto presto. I cornetti della pasticceria a ridosso dello stadio Celeste erano infatti una bontà rinomata.
Da oggi il patrimonio di uno dei pasticceri è sotto il controllo di un amministratore giudiziario. I beni di Domenico La Valle passano infatti allo Stato, con il sequestro operato ieri dalla Guardia di Finanza alla fine dell’inchiesta Dominio sui nuovi equilibri del clan di Mangialupi.
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Un Dominio ancora in mano al boss incontrastato Alfredo Trovato, malgrado i molti provvedimenti della magistratura. Accanto a lui proprio il pasticcere Domenico La Valle, che dal laboratorio di Via Catania è passato ad un attico di 12 vani in via Cottone e una villa nel complesso Baia Verde di Rodia.
Per lui la strada dai cornetti ad un consistente patrimonio immobiliare è stata lastricata di fiches. Analizzando i suoi redditi degli ultimi 10 anni, la Guardia di Finanza ha scoperto infatti che, malgrado redditi dichiarati bassi, compiva acquisti di non poco conto: l’appartamento da 200 mila euro acquisito nel 2009 dall’amministratore giudiziario della Metropoli sr, Giuseppe Giuffrida. O la barca Gremar. Tutti finiti adesso sotto sequestro.
I sigilli sono scattati anche per una lunga serie di magazzini e immobili tra via Corbino Orso, via Comunale, Contesse, una tabaccheria del rione Taormina e le società Scimone Antonino, Scimone Better e CSM Lot srl, tutte intestate a terzi ma in realtà controllate da La Valle.
E’ lo stesso commerciante ad ammetterlo, in una conversazione intercettata nel 2014: “Il problema sai qual è Peppe? Che non hanno capito niente. Se uno prima non gli fa male bene bene, non lo capiscono! Perché glielo hanno spiegato tre volte. A Messina siamo tre quelli che abbiamo le macchinette: io, uno che gli interessa a Carmelo Ventura e i fratelli Romeo. ..(…)”.
La Valle spiega quindi che è lui a imporre il noleggio delle macchinette slot agli esercizi commerciali cittadini, un mercato che spartisce col clan di Camaro. Molti anni fa era la famiglia di Giostra ad avere il monopolio di questo business.
Adesso l’indagine del Pm della Dda Liliana Todaro svela che il mercato è passato saldamente nelle mani del potentissimo clan di Mangialupi, la principale piazza per il traffico della droga in città e in provincia.
Un clan che ha il centro nel quartiere-fortino dietro il carcere di Gazzi, dove per gli stessi investigatori è difficilissimo entrare: un reticolo di viuzze controllate a vista che si snodano intorno una piazzetta circolare, circondata di baracche dentro cui può nascondersi ogni lusso, persino bagni ricoperti di marmo e d’oro, come nel caso del “palazzotto” sequestrato ai Cutè nel 2010.
Proprio perché blindato e quasi mai messo in pericolo dai pentiti, il clan negli anni è cresciuto, arricchendosi.
Forse La Valle non ha mai sospettato che invece gli uomini del GiCo, ai comandi del colonnello Josè Pace, erano riusciti a piazzare due cimici nel fortino: una nel suo bar, un altro nel gabbiotto del distributore di Carburanti che di fatto era la sua base operativa.
E’ così che gli investigatori hanno scoperto che La Valle aveva imposto le sue macchinette con la forza in gran parte dei locali cittadini e non soltanto: anche nella zona tirrenica alle porte della città: per esempio a Spadafora, dove ad un bar è stato imposto un totem di una delle tre società dei prestanome di La Valle, facendo fuori un’altra società di Villafranca. Addirittura a Giarre, in pieno territorio dei catanesi.
Proprio ai catanesi si riferiva il commerciante, nella conversazione del 2014 in cui ricapitola la spartizione del business tra i clan cittadini. Difatti una società etnea, tra il 2013 e il 2016, è stata estromessa da tutti i noleggi a Messina, poco a poco, a forza di intimidazioni e minacce ai gestori dei locali.
Ed erano botte anche per chi vinceva forte alle slot, hanno scoperto i finanzieri. Come per il cinese pestato a sangue,nel 2014, una mandibola rotta, per il solo torto di aver vinto troppo ad una delle slot di La Valle.
Il nome del commerciante era già finito in precedenti inchieste giudiziarie. Ma era stato assolto ed archiviato. Eppure i collaboratori di giustizia, da Giuseppe Surace ad Alfredo Fresco, avevano chiaramente delineato, e lo hanno ribadito, il suo ruolo all’interno della famiglia di Mangialupi.
Alessandra Serio