MESSINA – Non è ancora entrato nel vivo il processo d’appello dell’operazione Nebrodi ma la prima udienza lascia preannunciare che la battaglia tra Accusa e difese sarà accesa anche nel secondo grado del procedimento. Ieri all’aula bunker del carcere di Gazzi la seduta si è risolta in un lungo passaggio tecnico, servito per stilare un fitto calendario di udienze.
Dovrà essere sentita la Procura Generale, poi tutti i difensori che sono davvero tanti (sono 96 le condanne da vagliare) e i legali di parti civili. Ma prima di tutto, il prossimo 29 febbraio, dovranno essere discusse le questioni preliminari, ovvero tutti quei dubbi procedimentali che gli avvocati presenteranno alla Corte. In discussione anche una eventuale rinnovazione degli atti. Proprio la possibilità di riaprire o meno il dibattimento, in particolare per acquisire le dichiarazioni dei pentiti, sembra essere il primo grande nodo che vedrà contro collegio difensivo e Accusa.
La Procura in particolare vuole sentire Salvatore Micale. L’ultimo pentito del clan di Barcellona al momento del blitz del 2020 era ancora tra le fila dei mafiosi del Longano. Quando ha scelto di collaborare, però, ha rivelato di conoscere alcuni dettagli anche della vita dei clan di Tortorici, in particolare ruoli e potere delle “nuove” famiglie. I suoi verbali sono agli atti della seconda tranche dell’operazione, scattata il 6 febbraio scorso ed ora l’Accusa vorrebbe che testimoniasse anche in questo processo d’appello. Sulla sua deposizione deciderà la Corte, a fine mese.