Giovanni Lo Duca, scarcerato nel 2017, aveva ripreso in mano le redini degli affari criminali in zona sud in città, diventando un punto di riferimento di tutti i gruppi cittadini.
Era lui a gestire la cassa comune con tutti i proventi di estorsioni e usura, era lui a sostenere le spese dei familiari quando uno di loro era in carcere, era lui a provvedere a risolvere faccende di ogni genere, nel suo ambiente, persino i dissapori tra i coniugi e le liti di condominio di gente che nulla avrebbe a che fare con i criminali.
Ha cercato di restare nell’ombra in realtà, dopo la sua scarcerazione. Mettendo così nei guai la sorella Anna, anche lei arrestata ieri nell’operazione Provinciale. Aveva infatti trasformato il bar della sorella nella sua base operativa: qui riceveva i suoi, che era proprio la sorella a contattare. Lei per lui portava le “imbasciate”, come spiega lo stesso Giovanni Lo Duca nelle conversazioni intercettate.
Ma è proprio il suo essere diventato punto di riferimento per le più disparate questioni a far capire agli investigatori qual è la sua caratura criminale. E a suggerire che a Messina ancora oggi si fa ricorso alla mala davvero per qualunque cosa. In una occasione ad esempio una persona della zona sud chiama Lo Duca per chiedergli aiuto in favore del cognato, incensurato, residente in uno dei villaggi alle porte joniche della città. Cognato impegnato in un’annosa lite condominiale coi vicini per una tettoia abusiva: “Gli fanno i chiodi”, spiega l’interlocutore al boss, e gli chiede se “conosce qualcuno in quella zona”, nonché i soldi per permettere al cognato di piazzare un sistema di video sorveglianza, non sia mai qualcuno volesse entrare in casa sfruttando la tettoria abusiva. Lo Duca lo invita a farli un pizzino-promemoria: “Sai che fai…mi fai…mi fai un biglietto..il posto dov’è?
Lo Duca risolve controversie insomma, come i boss “all’antica”. E infatti va predicando ai suoi “educazione e umiltà…. Educazione variamente declinata.
Nell’ottobre 2017 la moglie gli racconta che a lavoro ha usato il suo nome, ha ricordato di chi era la compagna. per “redarguire” la capa e le colleghe, non potendone più di loro presunte prevaricazioni. “Non ti prendere di euforia però“, la rintuzza lui, ricordandogli: “alla base di tutto educazione e umilità”
Educazione e umilità che non gli impediscono di “spedire” i suoi a insegnare la lezione al guardiano di un noto locale cittadino che si è permesso di non far entrare 3 persone che si erano presentate a suo nome. O di spiegare a una donna che gli chiede di dare una sonora lezione al marito, col quale è in lite da tempo, di provare a mediare prima col consorte parlandoci, perché se è lui a mandare i suoi ragazzi, quelli lo “spasciano di bastonate”, nella migliore delle ipotesi.
Lo Duca tiene insieme le famiglie degli Sparacio, dell’ex latitante De Luca, ma sembra tenere anche la cassa comune dei clan cittadini, spiegano gli inquirenti con l’operazione Provinciale. E’ lui stesso a farne cenno in altre conversazioni intercettate, quando fa riferimento al fatto che avrebbe trattenuto le somme delle estorsioni agli esercizi commerciali, e che li avrebbe poi ripartiti. E’ lui a pagare le spese della famiglia di Tortorella, quando il pregiudicato è in carcere, è sempre lui a pagare un lavoro effettuato da una impresa edile nel banco di ortofrutta al mercato di Giuseppe Irrera, ovvero il reggente del clan di Giostra arrestato a novembre nell’operazione Cesare.
Lo Duca è un personaggio di spicco non soltanto in zona sud e nel panorama messinese. Nei tre anni di pedinamenti e intercettazioni, infatti, gli investigatori lo hanno visto incontrarsi con i carabinieri di Africo – Giovanni Morabito il nipote di Tiradritto e i Favasuli, arrestati nell’operazione Scipione – Nel dicembre 2017, poi, Giovanni viene intercettato a incaricare la sorella Anna a spedire gli auguri di Natale a detenuti del calibro di Sandro Lo Piccolo, Gerlandino Messina e Giuseppe De Stefano.