Quello dei furti di rame è un fenomeno preoccupante diffuso sia sul territorio nazionale sia, in particolare, in territorio siciliano. Attorno ad esso ruotano interessi economici molto forti e i danni che si contano sono elevati: interruzioni di energia elettrica, gallerie autostradali senza illuminazione, problemi idrici”. Il colonnello Stefano Spagnol, Comandante Provinciale dei Carabinieri di Messina, ha esordito così nell’introdurre la vasta operazione che stamani ha condotto all’arresto di 4 noti imprenditori messinesi accusati di associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio di rame rubato.
Una vera e propria piaga, quella dei furti di rame rosso, che continua a produrre enormi disagi ai singoli cittadini e, al contempo, configura perdite economiche rilevanti alle società di energia elettrica e telefonica. Solo nel 2013, la “Enel S.p.a” ha stimato un danno economico pari a circa 20milioni di euro. E solo nello scorso mese di marzo, in ben due occasioni, un intero quartiere della città nissena di Niscemi è rimasto per diversi giorni senza acqua potabile a causa del furto di rame nei tralicci che assicurano il servizio idrico.
Decine e decine di furti che hanno spinto i militari dell’Arma ad agire nel più breve tempo possibile per risalire non solo ai singoli casi di danneggiamento ma alla vera e propria matrice criminale di questo sistema illegale che, a ben vedere, frutta soldi e guadagni notevoli a imprenditori e ditte.
Proprio questi notevoli risvolti economici, sociali e di pubblica sicurezza avevano spinto il ministro dell’interno a convocare, lo scorso luglio, un vertice istituzionale ad Agrigento per fare un punto della situazione. Non a caso, il legislatore ha introdotto un’apposita aggravante “di specie” inserendo il numero 7 bis all’art. 625 c.p. con il d.l. nr 93 del 14 agosto 2013, convertito nella legge nr 15 ottobre 2013: la norma infatti prevede un innalzamento della pena.
“Quello che abbiamo fatto emergere è il mercato che si cela dietro il furto di rame”, ha commentato il pm Sebastiano Ardita che insieme ai colleghi Roberta La Speme e Antonio Carchietti, ha coordinato le indagini. “Contrastare il fenomeno del furto è importante, ma ancor più lo è rendersi conto da dove parte la domanda di oro rosso, dove confluisce e poi dove viene fuso e riciclato, a quali aziende. A Messina esisteva una centrale di raccolta importante, concentrata nelle due ditte sequestrate, la Metal Rottami di Venetico e la Messina Metalli, riconducibili ai 4 imprenditori arrestati stamani. E’ stata una vasta inchiesta, basata su una minuziosa attività di osservazione e su cui c’è ancora tanto da lavorare, e che conta un sequestro record di più di 40 tonnellate di rame”.
Fino ad oggi, infatti, si tratta di 30 tonnellate sequestrate nella ditta pisana Ecoacciai Spa e 12 in quella Metal Rottami di Venetico. (Ve. Cro.)