Dopo quattro anni e una complessa indagine, compresa una rogatoria internazionale, la Guardia di Finanza di Milazzo ha portato alla luce e stroncato l’acquisizione di terreni abbandonati alle Eolie, operata da una serie di affaristi a scapito dei proprietari, emigrati in Australia parecchio tempo addietro. Due gli arresti, diversi i sequestri, tra Messina, Roma e le Isole, dove sono stati posti i sigilli a 13 immobili. Dieci gli indagati complessivamente, compresi professionisti eccellenti. Le accuse sono di associazione a delinquere finalizzata alla truffa.
Tutto cominciò nel 2009 dopo la denuncia di un consigliere comunale di Lipari, Alfonso Sabatino, che fece notare come alcuni soggetti, sempre gli stessi, erano riusciti ad appropriarsi di numerosi beni immobili, appartenenti a cittadini eoliani emigrati in Australia negli anni Cinquanta-Sessanta, per motivi di lavoro, e che, una volta fatto ritorno, non hanno più trovato né case né terreni.
“Molti emigrati – si leggeva nella denuncia – si sono visti privare dei loro beni da alcuni personaggi i quali dichiarano davanti ad un notaio di aver posseduto quello stesso bene per molti anni e che lo rivendono ad amici o turisti compiacenti, all’insaputa dei legittimi proprietari”. E poi “com’è possibile che due o tre personaggi possano aver dichiarato in questi anni di aver avuto l’uso di centinaia di terreni e decine di fabbricati, di averli coltivati e mantenuti indisturbatamente. Il tutto tra l'indifferenza dell’Ordine dei notai, del catasto di Messina e dell'ufficio successioni di Roma”.
Quell’anno l’inchiesta partì sotto il coordinamento della Procura di Barcellona, affidata all’allora pm Olindo Canali. Il capitano delle Fiamme Gialle di Milazzo, Danilo Persaro, effettuò un corposo sequestro di atti in uno studio di centro città a Messina. Da lì gli investigatori scoprirono che gli indagati, utilizzando illecitamente le procure loro conferite dagli stessi emigrati e approfittando illecitamente dell’istituto dell’usucapione o di altre procedure di successione false, erano riusciti ad acquisire illecitamente la proprietà di immobili a Filicudi, Alicudi e Salina. La seconda fase della truffa prevedeva poi la cessione dei beni ad altri acquirenti ignari e l’incasso dei proventi della compravendita. Si trattava di un vero e proprio "business" a buon mercato che aveva già permesso d’incassare ingenti somme e che avrebbe fruttato ancora, considerato il valore di mercato dei ruderi nelle Isole Eolie. Durante l’inchiesta venne effettuata una rogatoria internazionale eseguita dalle autorità australiane competenti.
A siglare i provvedimenti è stata il gip di Messina, Maria Teresa Arena, su richiesta del sostituto procuratore Maria Pellegrino. Il fascicolo passò infatti in mano agli inquirenti messinesi quando si scoprì che il grosso della truffa era organizzato e portato avanti presso studi legali e di consulenza della città.
Alessandra Serio – Veronica Crocitti