Sono ben 68 gli indagati complessivi dell’operazione Totem, l’inchiesta sull’ascesa imprenditoriale di Luigi Tibia e i suoi tentativi di riappropriarsi dei beni confiscatigli. Oltre all’esponente del clan di Giostra, la moglie Maddalena Cuscinà, il commercialista Gugliotta, l’avvocato Bonanno e gli altri arrestati, gli investigatori hanno accertato i ruoli di: Fortunato Bellamacina (’86), Natale Caruso (73), Maria Antonia Cicero (’78, di Campofelice di Roccella), Michele Lombardini (’72 di Novellara), Simone Pati (’87), Natale Rigano (’81), Giacomo Russo (’96), Pietro Santamaria (’73), Calogero Smiraglia inteso Carlo (’73), Natale Squadrito inteso Renato (’48), Antonino Barbera (’72), Bitto Francesco (’77), Paolo Chiaia (’64), Rosario Costantino (69), Giuseppe Cucinotta (’84), Massimo Currò (’74), Antonino Cutè (’85), Roberto Ferrara (’72), Francesco Giuffrida (’65), Antonino Guglielmino (’70), Giovanni Ieni (’73), Francesco Irrera (’76), Luigi Irrera (’77), Francesco La Camera (’76), Giovanni Mancuso (’77), Orazio Margurio (’88), Filippo Marsala (’86), Anna Morana (80), Giovanni Pagano (’85), Daniele Pantò (’78), Concetta Pappalardo (’78), Veronica Pernicone (’87), Mario Rello (’74), Rosetta Ricciardo (’56), Pasquale Romeo (’50), Gaetano Russo (’86), Toruccio Salvatico (’92), Carlo Sergi (‘68), Francesco Tomasello (’73), Giovanni Versaci (’56), Daniele Vinci (’89), Ignazio Vinci (‘85), Giovanni Zanghì (’61). Tra loro ci sono diversi prestanomi e collaboratori di Tibia, poi una lunga serie di gestori delle sale da gioco e locali, dislocati in tutto il territorio cittadino, da Galati Marina fino a Mortelle, dove erano stati collocati i totem raccogli scommesse.
Ruota proprio intorno agli affari di Tibia l’indagine sfociata nei 23 arresti di ieri. A stargli addosso era la Polizia, che nel 2015 ha depositato alla Procura una corposa informativa, battezzata Reset. A lavorarci, il capo della Squadra Mobile Giuseppe Anzalone, il vice Franco Oliveri, gli uomini della Anticrimine. Contemporaneamente a lavoro c’erano anche i Carabinieri del Nucleo Operativo, ai comandi del maggiore Ivan Boracchia, che già dal 2011 tenevano gli occhi soprattutto su quel che accadeva alle società prima sequestrate e poi confiscate a Tibia, andando poi a scavare nell’operato degli amministratori giudiziari. Il quadro che ne è emerso è quello di un pregiudicato in ascesa, malgrado i guai giudiziari, sia sul piano criminale che imprenditoriale. Utilizzando una fitta rete di prestanomi e faccendieri incensurati o quasi, Tibia era riuscito a mettere in piedi un impero in fatto di centri scommesse, e ha guadagnato fette del mercato del divertimento. La provenienza del denaro riutilizzato in queste attività però, secondo gli investigatori, è ancora quella illecita.
Intorno a Tibia ruotavano quindi l’armiere del clan di Giostra, all’interno del quale il nipote di “zio Galli”, il boss storico del clan, aveva un peso sempre più rilevante. Tanto che quando un giovane dei loro ha commesso un furtarello “senza il suo permesso”, Tibia lo ha severamente punito, picchiandolo per non avergli confessato di essere stato lui l’autore del fatto.
La voglia di fare impresa e soldi di Tibia, documenta l’inchiesta, era grande. Tale da calcolare e scartare i rischi di possibili guai giudiziari. Il gioco valeva comunque la candela, secondo il pregiudicato. Così spiega al commerciante Smiraglia nel 2014, quando comincia con lui le trattative per investire nel “Giardino delle Palme” di Mortelle, andato all’asta.
“Ora, tu, dimmi una cosa!..c'è la possibilità che io quest'anno potevo prendere quel lido, come lo prendo!!..la piscina, il lido di Mortelle, come fa uno.. (..) tutto all'asta! ed eccolo qua! ora qua…con la base lo lascia! (…)la potevamo fare l'operazione, ma come…Carlo…veramente…questo…io penso che con un pezzo di diecimila euro per la stagione, "me lo fischio"! c'è tutta la piscina…ma lo sai che c'è? Qua c'è da guadagnare centocinquantamila euro…in due mesi!”.
Davanti allo scetticismo di Smiraglia, Tibia proseguiva: “Noo! Hai ragione, però dico…ti dico ci vuole e quando ti dico un sacco di soldi da spendere, non ci vuole solo un 1.000.000. ma c'è ne vuole 2.000.000, però dico, perché i colossi, capisci a me, questa gente che ha i soldi non se lo sta prendendo ? […]
Tibia, dall’ordinanza del Gip Monica Marino, sempre la su citata conversazione del febbraio 2014: “Prendi Genovese, prendi Franza...Incomprensibile…”. Secondo TIBIA, i citati Franza e Genovese non avevano interesse ad impiegare i propri capitali per condurre affari di questo tipo (<< Non ne fanno non hanno interessi >>), ed esponeva allo SMIRAGLIA i suoi progetti, (<< La piscina che c'è la farei lì tutta per i bambini…i scivoletti per i piccolini, ah!…dove ci sono là, in più là farei un paio di scivoli là, Carlo, che arrivano al mare per le persone più grandi, ah!…ma tutta strutturata, ah!…la vacanza, cose…bordello, recintato là…ma lo sai quello che vuole dire…le persone si farebbero anche il viaggio…le gran vendite per l'albero, ma lo sai che successo…ah! >>) e la convinzione che i guadagni sarebbero stati cospicui, tanto da consentirgli di recuperare le somme investite nel breve volgere di un anno di gestione (<< lascia stare che arriva a zero euro! come esci due milioni di euro tutto completo..Carlo!..tu mi devi dire una cosa Carlo..in una stagione li hai fatti! […] in una stagione li fai, te l'ho metto per iscritto!…in una stagione li fai!..lo sai a chi devi mettere? >>). La convinzione del TIBIA di realizzare cospicui guadagni si desume da quanto promesso dallo stesso a Carlo SMIRAGLIA : <<[…] ti faccio vedere che ti faccio odorare i soldi! […] >>.
Altrettanto importante è la successiva riflessione, secondo cui – nel periodo di gestione – non vi era il tempo perché gli inquirenti potessero condurre a termine eventuali indagini sul suo conto, il che lo garantiva dall’emissione di ipotetici provvedimenti cautelari o ablativi che avrebbero potuto raggiungerlo (<< ma non c'è..(incomprensibile)..allora lo consumi..che dici!..Carlo non hanno neanche il tempo di indagare, che cazzo dici! una stagione, non hanno neanche il tempo! non hanno neanche il tempo! >>).
La spavalderia del Tibia e la caratura criminale dello stesso emerge anche dalla considerazione che questi faceva in ordine agli effetti di un eventuale provvedimento di sequestro, che comunque non avrebbe intaccato i guadagni frattanto realizzati nei tre mesi della stagione estiva << eh, vabbè che fai me l'ho sequestri?..mettitelo in culo! Fammi fare la stagione a me!! >>.
Alessandra Serio