Correva l’anno 2013 quando la Commissione Europea inviava all’Italia quattro raccomandazioni per i futuri documenti di programmazione economica richiedendo investimenti aggiuntivi alle risorse comunitarie per: 1) Digitalizzazione di tutto il territorio nazionale; 2) Innovazione tecnologica e sviluppo imprese; 3) Istruzione e formazione; 4) Inclusione sociale e disoccupazione.
In particolare la commissione, basandosi su dati statistici, ha sostanzialmente rilevato la profonda divisione del Paese soprattutto con riferimento al tasso di disoccupazione, in decrescita al nord grazie all’export, in aumento al sud a causa del blocco degli investimenti e dell’impossibilità per le imprese di fare rete per mancanza di infrastrutture materiali e digitali e l’assoluta mancanza di un sistema scolastico e formativo fondato sul merito.
A fronte dell’evidente necessità di riforme, le quali vanno precedute da quella fiscale e previdenziale, il nostro Paese ha risposto con annunci e con provvedimenti populistici che hanno viceversa aumentato le tasse e la spesa pubblica invece di diminuirla per far ripartire gli investimenti ed i consumi ed attrarre imprese invece di assistere come spettatori alla delocalizzazione delle nostre all’ Estero.
E’ accaduto così che si sia spacciato per riforme epocali: a) l’abolizione delle Province, in un Paese come il nostro formato prevalentemente da piccoli Comuni, invece di abolire le Regioni a statuto ordinario le quali a far tempo dagli anni ‘70 hanno creato un consistente buco statale; b) le mancette da 80 euro (complessivamente circa 15 miliardi) a chi un lavoro già ce l’ha, invece dei contratti di apprendistato per i giovani o di investimenti nella sicurezza pubblica; c) la riforma fasulla della scuola per assumere 100mila precari (lavoratori a termine che solo in Italia vengono definiti tali); d) la riforma del lavoro favorendo un fittizio rapporto di lavoro a tempo indeterminato risolvibile pagando, invece di incentivare i contratti a termine ed i loro rinnovi anche nella Pubblica Amministrazione quale unico strumento effettivamente meritocratico; e) una riforma costituzionale per una legge elettorale maggioritaria solo per i partiti e non per gli eletti e soprattutto senza le preferenze.
Il populismo però in Italia non ha sobillato le masse ma distrutto la borghesia ed il ceto medio il quale ha reagito nel modo più umiliante per la politica distaccandosi dalla partecipazione alla vita sociale e rinunciando ad eleggere una classe dirigente capace di riformare il Paese e dare una speranza alle future generazioni. E’ accaduto così che, in un Paese vittima di un compromesso politico che ha impedito quella riforma liberale di cui De Gasperi era stato il propulsore, i moderati hanno sprecato ogni occasione di cambiamento uniformandosi alla politica del tanto meglio tanto peggio preferendo addossare sempre e comunque alle politiche europee la responsabilità del nostro disagio.
Oggi che abbiamo toccato il fondo, a causa di una sinistra mascherata da centro che ha attratto a sé anche le opposizioni per governare il dissenso, è il momento che i moderati d’ Italia si riuniscano per dotare il Paese di quelle riforme strutturali che solo uno spirito liberale può realizzare. La ricetta è sempre la stessa: L’uomo al centro della società quale dominus dello Stato e non il contrario. Ma per riunire i moderati e farli riavvicinare alla politica occorre un programma ben definito nel quale con chiarezza si affrontino, senza tabu’, i problemi che ci hanno fatto precipitare nel più profondo oscurantismo e nella disperazione. Occorre confrontarsi su temi che portino da un lato alla riduzione della spesa pubblica e dall’altro a politiche di investimento per lo sviluppo e la crescita sociale.
Riformare lo Stato significa: a) Riformare la Costituzione: -attribuendo più poteri all’esecutivo con un sistema monocamerale eletto con i sistema maggioritario. -eliminando il concorso pubblico quale strumento per l’accesso alla Pubblica Amministrazione sostituendolo con criteri di imparzialità, trasparenza, non discriminazione e meritocrazia ed il valore legale al titolo di studio. b) Riformare il sistema scuola, formazione, lavoro con un sistema che garantisca un equilibrato rapporto tra la formazione culturale, la continuità formativa e l’accesso al lavoro. Si pensi ad esempio: -all’unificazione dei licei ed all’introduzione dopo le elementari di un corso di studi superiore di cinque anni di cui i primi tre dedicati alla cultura in generale e gli altri due alla formazione specialistica, – all’introduzione alla fine del ciclo di studi di un anno di apprendistato nelle imprese, presso i commercianti e gli artigiani, gli studi professionali, la Pubblica Amministrazione, il sociale etc. utilizzando le risorse comunitarie per garantire un salario; – all’ istituzione di scuole di formazione per la Pubblica Amministrazione parallele al sistema Universitario ed alla formazione di albi dove alla fine del percorso formativo, di apprendistato e di specializzazione si venga iscritti con graduatorie di merito in base ai risultati scolastici ed ai titoli formativi e dai quali la P.A. possa attingere per le assunzioni con per titoli e colloqui; -al contratto a termine per l’accesso al lavoro nel pubblico e nel privato rinnovabile previa valutazione dei risultati; c) riformare il sistema fiscale con l’introduzione di un aliquota unica e ponendo i servizi a domanda individuale (scuola, trasporto, sociale, servizi pubblici) a pagamento con voucher per le fasce sociali più deboli in proporzione ai redditi percepiti per garantire a tutti i cittadini i medesimi servizi; d) riformare il sistema previdenziale introducendo per il futuro un sistema di prelievo IRPEF che garantisca a tutti i cittadini una pensione minima perché tutti con il proprio lavoro hanno contribuito alla crescita del Paese. e) programmare un piano nazionale di sviluppo strategico per le imprese e le infrastrutture utilizzando con una cabina di regia unica le risorse comunitarie; f) ripristinare le Province ed abrogare le Regioni dando alle Prefetture compiti reali di amministrazione Statale; g) riformare la Pubblica Amministrazione eliminando la discrezionalità degli atti e provvedimenti amministrativi e redistribuendo con procedure di mobilità regionale il personale. Eliminare ogni distinzione ex lege di categoria e classe economica tra il personale demandandola al contratto individuale di lavoro anche per le mansioni dirigenziali. Unificare le Forze Armate ed investire nelle assunzioni e nella formazione; h) Riformare la giustizia civile uniformando i riti a quello del lavoro introducendo in Costituzione le Camere arbitrali quale organo giurisdizionale abrogando ogni forma di mediazione. Eliminare l’obbligatorietà dell’azione penale demandandola al Procuratore Generale alle dipendenze del Ministro di Grazia e Giustizia. Introdurre un termine di decadenza per l’esercizio dell’azione penale. Investire negli organici e nelle infrastrutture. Ecco questi sono alcune delle tematiche che potrebbero avviare un dialogo costruttivo tra i moderati ed il rilancio della destra liberale.