Questo articolo nasce dalla voglia di provare a spiegare un fenomeno sempre più comune: l’abbandono da parte dei giovani, giovanissimi, della città di Messina e in generale della Sicilia. Cercheremo, partendo dalle nostre esperienze personali, di fare comprendere le motivazioni che possono spingere ad andare via e quelle che spingono invece a rimanere nella nostra Messina.
Federica, studentessa di Scienze Politiche e delle Relazioni Internazionali presso la LUISS di Roma
Io me ne sono andata da Messina perchè dopo avere sentito per circa sei anni della mia vita che la mia generazione vive una situazione peggiore di quella che ha vissuto la generazione della prima guerra mondiale a livello di impiego lavorativo, ho pensato che rimanere nella regione con il tasso giovanile di disoccupazione al 60 percento fosse una scelta poca saggia. Chiamatela fuga, chiamatela codardia, ma perchè rimanere a cercare di cambiare un posto che mi ha consegnato questo sfacelo? Io me ne sono andata da Messina perchè nell’era della globalizzazione e della multiculturalità non si può pensare di restare per sempre nello stesso posto in cui si è nati. Andarsene significa capire il mondo, significa avere contezza del mondo. Se non a diciott’anni quando potrò imparare a guardare il mondo da un altro punto di vista? Io me ne sono andata da Messina perchè alla fine andarsene da casa a diciott’anni per studiare è consuetudine in tutto il mondo solo in Italia e soprattutto in Sicilia la cosa ci spaventa. Io me ne sono andata da Messina non perchè ritengo che l’università di Messina sia terribile, perchè ogni ateneo ha i suoi pro e i suoi i contro (i nostri finiscono su i giornali ma questa è un’altra storia..) ma perché non voglio studiare cinque per poi fare la disoccupata. Ritengo infatti che il rapporto fra l’università e il mondo del lavoro non vi sia qui. Io me ne sono andata da Messina ho detto arrivederci a i miei amici, ho salutato lo stretto, ho guardato la città allontanarsi sempre di più e diventare un pallino piccolo piccolo, avevo un nodo alla gola ma ero anche molto felice, eccitata pronta per una nuova vita. E’ stato bello ma anche brutto, dire addio a una vita “comoda” in una città che conoscevo che mi era familiare, per chi come me ha visto nella scelta di andarsene l’unica vera decisione per cercare di avere un futuro vi è stata un po’ di rabbia- Ma nel momento in cui ho messo piede a Roma, felice e pronta per una nuova vita, ho promesso a me stessa di non dimenticare da dove vengo, di non dimenticare mai dove mi sono formata e il dovere che ho nei confronti della mia terra. Chi se ne va deve sempre portare nel cuore ciò che lo ha reso quello che è. Guardare al futuro con gioia, cogliere tutte le opportunità di crescita e poi chissà un giorno pensare in qualche modo di fare qualcosa per aiutare Messina che nonostante tutto rimane ed è stato dove ho potuto imparare a essere chi sono.
Claudio, studente di Scienze Politiche e delle Relazioni Internazionali presso l'Università di Messina
Io ho deciso di restare perché sinceramente, sarà la pazzia o la folle voglia di non mollare mai, mi hanno sempre insegnato che se la nave affonda non ci si getta a mare immediatamente, ma si cerca di salvare ciò a cui teniamo, portando l’imbarcazione verso acque più sicure. La città di Messina è una novella Giano Bifronte: in alcune giornate splende continuamente il sole, non vorresti essere in nessun altro luogo se non su una panchina a guardare il mare. In altre occasioni, invece, ti ritrovi con la pioggia che picchietta sulla tua fronte, impendendoti di vedere al di là del tuo naso. E’ questa Messina: ora piena di ispirazione, promesse e speranze, dopo colma di disperazione, nebbia ed addii. Ho visto fin troppi amici lasciare la nostra casa perché “Qui non c’è futuro”, ma se non provi come fai a dirlo? Renzo Piano ha sempre consigliato ai giovani di partire per curiosità, per crearsi una cultura del mondo senza mai dimenticare le proprie radici. E’ giustissimo proprio adesso, nel fiore degli anni, prendere il largo, vedere il più possibile come funziona il mondo fuori dalla propria terra d’origine ma, per quanto riguarda gli studi universitari, quel percorso che ti forma per la vita e per il tuo lavoro, credo fortemente che sia giusto rimanere (entro limiti ed esigenze) in una città come questa. L’Ateneo Peloritano ha purtroppo affrontato periodi orrendi in cui le cronache giornalistiche hanno fatto risaltare il negativo senza mai parlare del positivo. Cambiamo tutto questo, rimbocchiamoci le maniche e riempiamo le pagine dei quotidiani con progetti culturali, iniziative artistiche, innovativi master ed idee che possano decisamente far cambiare registro. Restare è un atto coraggioso, nessuno si deve sentire obbligato o eccessivamente legato, ma se intendiamo tornare a Messina dopo aver studiato fuori, quando avremo permesso che i ladri di futuro si mangiassero la nostra città, guardandoci indietro come ci sentiremo? Restiamo, restiamo per creare un esercito della cultura, una resistenza contro l’illecito e le cattivi abitudini con la speranza che pian piano il sistema cambi, con la speranza che siano, un giorno, più le giornate di sole che quelle di pioggia.
I pareri, decisamente contrastanti, riassumono la visione comune del problema che si presenta nella testa del ragazzo ormai vicino alla maturità, tra i suoi dubbi e le sue incertezze, con il mondo a disposizione eppure tanto contrariato. E tu, studente messinese dell’ultimo anno, cosa farai? Resterai o andrai via?
Claudio Panebianco, studente di Scienze Politiche e delle Relazioni Internazionali presso l'Università di Messina
Federica Fusco, studentessa di Scienze Politiche e delle Relazioni Internazionali presso la LUISS di Roma