Fatta la legge, adesso della Città Metropolitana non parla più nessuno, come se bastasse il potere normativo, o della parola, a creare una realtà complessa e nuova. Eppure, dopo l’ok dell’Ars e del Commissario dello Stato alla norma che istituisce le tre Città Metropolitane di Messina, Catania e Palermo, in riva allo Stretto non se ne parla più e mentre le altre due città corrono e Catania bussa anche alla porta dei comuni della zona jonica, la nostra sembra appollaiata in attesa che dal cielo piova qualcosa che la concretizzi. Ma chi nella Città Metropolitana ha creduto fin dall’inizio, fornendo il supporto concreto di uno studio, di una base normativa, di un progetto, non ci sta. Nascono con questo guido pioneristico le Linee guida per lo sviluppo dei 51 Comuni, che i professori Josè Gambino e Michele Limosani (i “papà” della Città Metropolitana di Messina) hanno elaborato per metterli a disposizione della comunità, del territorio, delle istituzioni e della politica, qualora qualcuno si decidesse a svegliarsi e volesse evitare che Taormina, Leotjanni, Giardini e altri piccoli comuni vadano via a gambe levate da Messina Metropolitana per accasarsi altrove e meglio. Nell'ex Facoltà di Economia dell'Ateneo peloritano, confenza stampa di presentazione delle Linee, che non sono un elenco di cose da fare, ma una strategia complessiva di pensiero e di intervento. Le linee guida saranno pubblicate sul sito dell’Ateneo e portate all’attenzione degli Enti locali e delle Istituzioni interessate.
“Io oggi parlo da professore Navarra, da studioso, da economista e non da Rettore, per ricordare che oggi la competizione globale la vince chi sa attrarre risorse e uomini- ha detto il Magnifico- Le aggregazioni di Comuni non possono essere viste come semplici accozzaglie di sindaci e lo studio dei professori Limosani e Gambino rappresenta un’opportunità imperdibile per cambiare ottica, avviare il confronto, attuare sinergie tra Università e Istituzioni”. La vicenda della Città Metropolitana è la prova del ruolo indispensabile di un Ateneo vivo e partecipe “Questo studio- ha chiarito il direttore del Dipartimento di Economia, Augusto D’Amico- dimostra come l’Università possa svolgere un ruolo chiave senza chiudersi nella torre eburnea”.
Mentre a Messina non si parla più della Città Metropolitana, Catania ha già realizzato il Distretto Sud-orientale (in buona compagnia produttiva) e domani i comuni della zona jonica si riuniranno per iniziare a immaginare un futuro lontano dal capoluogo di provincia. Con le Linee guida i professori hanno fornito le “chiavi” della futura programmazione e pianificazione, ma il passo indispensabile spetta alla politica.
“Nel nostro studio non troverete un elenco di cose da fare, ma una strategia, una visione di pianificazione- spiega il pro rettore Michele Limosani- Non possiamo consentire che tra un paio d’anni sia Palermo a gestire il Pon Metro che riguarda la nostra città, dobbiamo agire oggi. Il nostro studio è aperto ad ogni confronto, ogni contributo, perché insieme dobbiamo rispondere a questa domanda: quali sono le ragioni che stanno portando alle divisioni? Dobbiamo trovare la ragione dello stare insieme, con i 51 comuni. Ed è chiaro che la Città Metropolitana non si occuperà dell’impianto fognario di Scaletta, ma di un intero sistema”.
E’ stato il professor Jose Gambino ad illustrare nel dettaglio le Linee guida per lo sviluppo dei 51 Comuni (e non quindi di una sola città) e che invitiamo i lettori a guardare, perché nell’era globale non ci si può fermare al proprio orticello e come ha osservato il Rettore “La Città Metropolitana di Messina va a braccetto e si integra con l’Area dello Stretto, non sono due realtà incompatibili, tutt’altro”.
La parola chiave infatti è Area vasta, che vedrà la Città Metropolitana di Messina interagire con la città metropolitana di Reggio Calabria, il Libero Consorzio dei Nebrodi, per creare e promuovere il Distretto dei due mari, il polo dell’innovazione, l’area dei parchi e del turismo diffuso, il distretto dell’accoglienza.
La città dello Stretto in quest’ottica sarà il cuore, ma non il polo dominante, perché, come rilevano Limosani e Gambino, è indispensabile che i 51 Comuni previsti dalla legge come parte integrante della Città, partecipino attivamente a questo processo che riguarda la loro identità e non, come si pensa, “passa sopra le identità”.
“La nostra è un’idea di regione-città senza un polo dominante- spiega il professo Gambino- Noi immaginiamo una Città Metropolitana senza figli di un dio minore, sia per le scelte che per la ripartizione dei fondi. Messina città metropolitana è nata da un processo democratico, un progetto dell’Università poi sposato a condiviso da Confindustria, consiglio comunale, sindacati, comunità. E questo processo deve continuare così”.
Il modello di pianificazione fa riferimento a tre direttive: il piano di “coastal zone”, un water front che va ben oltre la zona falcata ma supera i 100 km, qualificando Messina come la “città dei due mari”; il piano per le aree collinari e montane, che ha il suo centro nella valorizzazione dei Peloritani e non solo; il piano blue ways, quello delle fiumare e dei torrenti, che, nei fatti integra i primi due e ne fa “rete”.
Le architravi sulle quali poggiare quindi il piano complessivo comprendono quindi: la valorizzazione del Parco dei Peloritani, la riqualificazione dei comuni marinari e di quelli collinari con la rete dei borghi marinari e la rete dei borghi d’arte, la riqualificazione delle fiumare con le rotte dei saperi e dei sapori, come ad esempio la Valle degli antichi feudi (Letojanni), la Valle del cinema d’autore (Savoca), la Valle dell’olio (Pagliara), etc etc. Tutto questo però è concretizzabile solo partendo da Messina porta (e porto) della Città Metropolitana e dal potenziamento del tessuto connettivo e dei trasporti. Messina non più come “ingresso” ma come grande scenario oltre il quale si aprono le varie potenzialità e scelte. Messina non solo porto come nel sontuoso passato, ma anche crocevia dell’interscambio, polo interculturale e dell’accoglienza nel senso più ampio e moderno del termine. Messina che guarda ai Liberi Consorzi del territorio della provincia ed a Reggio, alla quale ci unisce l’essere già a livello europeo, nella Rete degli Stretti.
Insomma l’obiettivo è ambizioso e va ben oltre, come dice Navarra, l’accozzaglia dei singoli sindaci. Il problema è riuscire a farlo capire alle singole comunità che già stanno preparando le valigie per allontanarsi dalla città dello Stretto, troppo apatica e sonnolenta per volare alto.
L’Ateneo ha lanciato la proposta, ha messo sul tavolo un interessantissimo studio che è anche il canovaccio dal quale partire. I due docenti sono disposti anche a girare tutti e 51 Comuni per raccontare a chi non vuol sentire quali “sono le ragioni dello stare insieme oggi” che sono 51 ragioni tante quante i singoli comuni. Ma tocca alla politica fare da collante. Non è bastato portare l’emendamento Limosani in Aula e fare votare la legge. Adesso bisogna costruire pezzo per pezzo la Città.
Rosaria Brancato