Una delle usanze natalizie più caratteristiche e amate sono i regali, ardui da fare e belli da ricevere; e forse amiamo persino di più le riunioni con amici o parenti, che vedono prima la tovaglia della cena e poi la tovaglia da gioco. Sono alcune delle cose che più ci stanno a cuore del Natale e forse stupisce scoprire ch’è così da secoli, se non dall’alba dei tempi. Sono azioni che eseguiamo senza domandarci cosa significhino o quale scopo abbiano; eppure non è semplice baldoria.
È questo ciò che nell’antichità era chiamato Saturnalia: le celebrazioni di Saturno. In un periodo che andava dal 17 al 23 Dicembre, il normale ordine sociale crollava e veniva sostituito da festeggiamenti gioiosi e addirittura caotici che travolgevano le case e i luoghi di ritrovo per tutta la festività.
Saturno (o Crono), il dio mediterraneo del tempo e del rinnovamento e capostipite degli Dei Olimpici, aveva regnato in un’era d’abbondanza e felicità chiamata Età Aurea che terminò quando suo figlio Zeus lo privò del dominio del mondo, instaurando la legge del mutamento che tutt’ora lo governa; si dice che ogni anno nelle giornate che precedono il solstizio Saturno faccia ritorno dalle leggendarie Isole Beate in cui dimora, reclamando ciò ch’è suo alla testa di schiere di spettri.
L’inverno nell’immaginario collettivo di molte genti è popolato da fantasmi, che incrementano la propria attività d’infestazione in prossimità del solstizio, rievocati nella realtà dei vivi dallo stato di morte della natura addormentata; la legione di Saturno, proveniente da un’altra epoca ormai persa nelle nebbie del mito, rappresenta proprio l’eco del passato che ritorna, che bisogna convincere a tornare da dov’è venuto.
Sia perché pochi giorni dopo (attorno al 25 Dicembre) si festeggiava la nascita di Bacco Liberatore, sia per onorare Saturno perché facesse pace con i mortali e con l’Olimpo, gli antichi accoglievano le Saturnalia con una gioia forse maggiore che per le altre feste. Tutte le attività si fermavano, s’intendeva riprodurre l’Età Aurea, quando non c’erano differenze fra le persone e si provava solo la letizia: così nobili, plebei e schiavi si riunivano a festeggiare assieme e si scambiavano doni, si faceva la carità ai poveri, si giocava d’azzardo, le coppie esaltavano il proprio amore. Risulta familiare? È proprio in questo modo che noi, loro discenti, trascorriamo il Tempo di Natale; e come noi, anch’essi si facevano gli auguri, dicendo: “Iō Saturnalia!”.
Forse ogni anno, ancor oggi, da qualche parte Saturno ci osserva e si compiace nel vedere che la concordia esiste ancora fra i mortali, perciò si ritira nella sua dimensione ultraterrena in punta di piedi, lasciandoci quella che chiamiamo la magia del Natale.
Iō Saturnalia!
Daniele Ferrara