GIARDINI NAXOS – Ambulanze che intervengono senza medico a bordo e quindi impossibilitate a prestare le prime cure. Tempi biblici per essere visitati al pronto soccorso. Da Giardini Naxos arriva l’ennesima testimonianza di un sistema che non funziona. A raccontarla è il consulente finanziario Giuseppe Cannizzaro.
“Giovedì 16 settembre mentre sto per andar via dall’ufficio mi arriva una di quelle quella telefonate che nessun genitore vorrebbe mai ricevere: “Vieni subito, tua figlia ha avuto un incidente con il motorino!”. Mi gela il sangue, scappo di corsa, mentre sto per arrivare scorgo in lontananza i lampeggianti di due volanti dei Carabinieri, già presenti sul posto. Mi precipito, mia figlia è sdraiata sul selciato, grazie al Cielo è vigile, “Papà stai tranquillo, sto bene!” mi dice. Poco più in avanti ciò che resta del motorino, spezzato in due parti”.
La ragazza è sotto shock, insanguinata, un dente rotto, gli abiti in più parti strappati. Accanto a Lei la sua amica che viaggiava sul sedile posteriore, per fortuna in piedi ma sanguinante a un braccio, terrorizzata e, si scoprirà dopo, con il gomito fratturato.
“Mi chino per terra – prosegue il racconto – stringo la mano di Elisabetta, cerco di rassicurarla, chiedo ai Carabinieri presenti (che ringrazio di cuore per la professionalità e l’umanità con cui hanno gestito la vicenda) di chiamare l’ambulanza, “lo abbiamo già fatto due volte”, mi dicono. Aspetto ancora un quarto d’ora prendo il telefono, compongo il 118, urlo di far presto. Mentre sono ancora in linea sento il suono della sirena (nel frattempo è trascorsa mezz’ora) mi rincuoro, chiudo subito la telefonata e aspetto che arrivi l’ambulanza”.
Ma qui arriva la prima brutta sorpresa. “L’operatrice – raccontata Cannizzaro – guarda Elisabetta, poi guarda me e mi dice: “Non abbiamo il medico a bordo, non possiamo toccarla”. Vado su tutte le furie, chiedo cosa siano venuti a fare, l’altro operatore prende la situazione in mano e decide, comunque, di caricare mia figlia sull’ambulanza. Bene, dico io rincuorato, “scappiamo in ospedale”. Eh no, mi dicono. Il pronto soccorso di Taormina (poco distante) è chiuso per “sanificazione”, non sappiamo quando riaprirà. L’operatore chiama la centrale, gli dicono che bisogna andare al Policlinico di Messina (50 Km distante)”.
Senza medico a bordo, però, l’ambulanza non può effettuare il trasporto al Policlinico. Dopo un’altra mezz’ora arriva finalmente l’altra ambulanza con il medico che visita la ragazza. I parametri vitali sono a posto ma bisogna effettuare altri controlli.
“Finalmente si parte alla volta dell’ospedale – continua Giuseppe Cannizzaro – mia moglie e mio figlio ci seguono in macchina. Dopo 30/40 minuti arriviamo al pronto soccorso generale del Policlinico di Messina. Mi sento più tranquillo, finalmente Elisabetta potrà ricevere le cure necessarie, penso. Vedo che la sistemano all’interno di una stanza con altri 4 o 5 malati, altri ancora sono in corridoio. Ci troviamo di colpo scaraventati in una bolgia infernale, tra urla, improperi, gente sanguinante, almeno un paziente positivo al covid in reparto, medici e infermieri trafelati. Passano le ore, Elisabetta e la sua amica, doloranti e ormai insofferenti, continuano ad essere ignorate. “Abbiamo casi più gravi, deve attendere” mi dicono. E’ notte fonda, più o meno le 4 del mattino, mia figlia è stremata, non ce la fa più. Vado in escandescenza – prosegue nel suo racconto Cannizzaro – urlo agli infermieri di farmi parlare con un medico, finalmente dopo otto ore dall’incidente, Elisabetta incontra un medico del pronto soccorso. Ha un dente rotto, altri le si muovono, varie contusioni ed escoriazioni ma, per fortuna, dopo tutti gli accertamenti di rito, i medici non riscontrano nulla di particolarmente grave sul piano diagnostico. Più o meno la stessa situazione per la sua amica a cui riscontrano anche una frattura al gomito. Sono le 6,30 del mattino, è l’alba. L’alba di una notte da dimenticare”.