“Li chiamarono briganti” ha inaugurato, ieri sera, il Cineforum Identitario organizzato dalle associazioni culturali “Demetra” , “La Sicilia ai Siciliani” ed “Identità Mediterranea”. Alla proiezione del rarissimo film di Pasquale Squitieri numerose erano le persone intervenute con interesse alla non comune iniziativa presso il Palacultura di Messina.
I riferimenti ai fatti sanguinosi, poco noti, accaduti negli anni della conquista violenta del meridione da parte dei piemontesi ha commosso ed interessato la platea. Lo spaccato della vita dei briganti, in particolare del brigante Carmine Crocco, proposto dal noto regista con l’ottima interpretazione di un cast d’eccezione, ha rivisitato il sanguinoso scontro che ha logorato il Sud Italia. Scontro che ha visto contrapporsi l’esercito sabaudo, fedele al re Vittorio Emanuele II, ed gruppi di insurrezionalisti, composti perlopiù da braccianti disperati e nullatenenti, etichettati come briganti dai piemontesi , e i militari del decaduto regno borbonico.
“Questo documento cinematografico rappresenta ciò che i libri di storia ufficiali non hanno mai raccontato”- sostiene Fabrizio Palmieri, presidente dell’associazione “Demetra”- “ e noi spingiamo affinchè il germe della conoscenza e della verità possa servire a portare qualcosa di utile per la nostra amata e martoriata terra di Sicilia, propugnando l’importante concetto di identità ed appartenenza ad un territorio” . Palmieri conclude il suo intervento ringraziando per il suo solerte interessamento il consigliere comunale Giuseppe Magazzù che sempre ha creduto nell’iniziativa.
“Il film di oggi non lo avete mai visto e mai lo vedrete in tv. “Li chiamarono Briganti”, censurato dopo pochi giorni dalla sua uscita nei cinema italiani, si può considerare un film revisionista, volto a raccontare un’altra versione dei fatti avvenuti poco dopo il risorgimento. Squitieri illustra in maniera cruda le atrocità che l’esercito piemontese perpetrò nei confronti delle popolazioni lucane. Erano i tristi anni degli stupri e degli eccidi di massa compiuti in nome del diritto di rappresaglia” sottolinea Gianluca Castriciano della associazione “La Sicilia ai Siciliani”. Erano, appunto, “gli anni delle decapitazioni di quelli che venivano considerati briganti, anche solo per le fattezze somatiche. Solo perché imbracciavano un fucile, sol perché difendevano la loro terra depredata, i loro animali derubati, le loro scorte alimentari distrutte”.
“Questa è una dimostrazione di quanto i contadini amassero i soldati-fratelli del Nord, venuti a “liberarli” e come anelassero agli ideali risorgimentali” – sostiene Maurizio Castagna di “Identità Mediterranea”- “ Nel momento in cui le terre dalle mani generose dei contadini passarono ai nuovi governanti, non rimase altro, per i cafoni, che miseria e devastazione. Poche le possibilità di scelta per loro: diventare brigante o emigrare”. Castagna ricorda alla platea le enormi ricchezze di cui è stato depredato il meridione: industrie, flotte, oro. Tutto smontato al Sud e ricostruito, spesso, perfettamente uguale al Nord, lasciando al Sud solo disperazione e miseria. Oggi, dopo ben 150anni ne vediamo e subiamo ancora tristemente le conseguenze. Il prossimo appuntamento è previsto per il 16 giugno, sempre al Palacultura, alle 20.30 con la proiezione di un altro capolavoro poco noto: “Bronte: cronaca di un massacro che i libri di storia non hanno mai raccontato”.