Palizzi, borgo antichissimo, custodito gelosamente come la più pregiata delle pietre preziose osserva il mare jonio dall’alto di un’imponente rocca. Simbolo di un passato importante il castello di origini medievali che, come recita un’iscrizione posta all’ingresso, risultava già “cadente per vecchiaia” nel 1580. L’arrivo è un viaggio tra la natura selvaggia tipica di questi luoghi. Si percorre la strada che costeggia a tratti l’omonima fiumara accompagnati da vigneti secolari dalla cui uva viene prodotto un vino unico IGT “Palizzi”. Un vino “nero” denso di colori e profumi inebrianti. I vigneti, poi sono protetti dalle cosiddette armacère; termine che deriva dal greco αρμακία (armakìa) e dal greco antico αιμασιά (aimasià), appunto muro a secco. E poi all’improvviso, appena dietro una curva, appare in tutta la sua maestosità, un paesaggio quasi fiabesco.
L’esperto di questa minoranza linguistica, Francesco Marcianò, ci ha rilasciato, oltre a fornirci interessanti schede, alcune importanti riflessioni “Nelle tante passeggiate in paese, nei colloqui con amici, parenti e anziani ho trovato ciò che qui come negli altri paesi ellenofoni sembra sempre sfuggente, nascosto come a proteggersi ancora dopo tanto tempo. Ho trovato l’anima che muove la vita del paese, gli usi, le tradizioni, la cucina, la lingua. Insomma, la grecità del borgo di Palizzi.” Ricordiamo che il borgo è incluso tra i comuni del territorio denominato “Area Grecanica”; zona che conserva gli ultimi parlanti della minoranza linguistica ellenofona di Reggio Calabria. Ovviamente il lessico arriva a coprire anche termini che si utilizzano in cucina come sècria, tigàni, nacàtuli e nella mia più recente conversazione con Emanuele Maisano, ristoratore a Palizzi e
promotore della cucina tradizionale del luogo ci siamo trovati a ragionare sui termini più antichi. “L’aspetto che voglio approfondire – continua – riguarda la lingua. Tantissimi termini antichi di chiara etimologia greca che sono rimasti nel dialetto locale. Pietrificati nella parlata comune, aggrappati come il borgo alla rocca in quelle espressioni idiomatiche che sono la storia di un popolo.”
“Vediamo un po’ di esempi di questa grecità, prendendo spunto dalla raccolta di termini dialettali di Salvatore Iacopino, originario del luogo che sta portando avanti un progetto che mira a stilare un “Dizionario Dialettale Palizzitanu”. Supportato, inoltre, da chiunque voglia partecipare e che sia pronto a scavare nei propri ricordi cercando quel termine forse ormai in disuso che torna alla mente come un bagliore improvviso. Intanto il nome del paese, di etimologia incerta presenta almeno due interpretazioni e cioè da polìtsion come diminuitivo di πόλις (pòlis) = “città” o da polìscin dal greco πόλις (pòlis) =”città e σκιά (skià) = “ombra”.
Il termine più importante, che caratterizza proprio quello che è stato definito il “Paese del Vino” “è catòju. Il luogo dove sono riposte le botti, un piano interrato o seminterrato. La parola deriva da κατά (katà) = ”sotto” + γαίος (ghèos) = ”terra”, indica quindi un luogo che sta sotto l’abitazione o comunque più in basso proprio come i tanti catòji in paese. Il dialetto è ricco di termini e sfumature. Parole che con il tempo si sono trasformate ma che non possono nascondere la loro origine, tra questi troviamo tanti termini riferiti agli animali”. Insomma, Palizzi, come tutti i borghi custoditi nell’area grecanica, merita di essere valorizzato, curato anche e soprattutto come attrattore turistico unico che sembra cristallizzato nel tempo.