“Gratuitamente denigratorio è quanto sostenuto a mezzo stampa dall’Associazione Guide del Parco dell’Aspromonte. In particolar modo, le dichiarazioni dell’Associazione sono totalmente infondate e prive di riscontri oggettivi, che intendono ledere e mettere in discussione il buon operato del Parco improntato sulla trasparenza, rispetto della legalità e imparzialità dell’azione ammnistrativa, a favore di una intera comunità”. E’ la lunga replica del presidente dell’Ente parco nazionale dell’Aspromonte Leo Autelitano alle accuse dell’associazione Guide del Parco dell’Aspromonte che gli sono state mosse nei giorni scorsi.
“Anche per questa ragione è opportuno fornire una replica sui principali temi ed accuse formulate pubblicamente dall’associazione; tra tutte le attività di monitoraggio, lo svolgimento del servizio “Parkbus” e la formazione legata alla Carta europea del turismo sostenibile. Relativamente al Parkbus, le attività previste dal progetto sono state sostenute con un finanziamento a totale carico del Parco, finanziamento che prevede la socializzazione dei costi e la privatizzazione dell’entrate. Detto in una sola parola l’Ente forniva alle guide i pulmini, ne pagava i costi di gestione con relativa scheda carburante in dotazione alle stesse guide, ma non percepiva nulla in cambio in quanto l’Associazione che incassava il prezzo del biglietto e lo “restituiva” ai turisti sotto forma di sconto sulla tariffa giornaliera in capo alle guide, che a loro volta la incassavano senza corrispondere nulla all’ente.
Alla fine del periodo estivo, il progetto veniva rendicontato senza applicare nessuna norma vigente in materia di rendicontazione e l’ente, in pratica, corrispondeva in parte i costi di tariffe già pagate dai turisti. Questo progetto, inoltre, non poteva certamente essere neppure definito sperimentale, e quindi attuato per una sola volta, in quanto lo stesso è stato ripetuto per ben tre anni con esborso finanziario totale a carica dell’Ente. Preciso, inoltre, che la contestazione su tale progetto e la sua riproposizione riguardava anche l’assenza di documentazione probante sul numero di turisti trasportati durante il progetto, così come non veniva richiesta la documentazione circa i chilometri percorsi dagli automezzi e non veniva, infine, nemmeno effettuata una separazione dei consumi degli stessi, che risultano fatturati insieme agli altri mezzi in carico all’Ente.
Non aggiungo altro. Quante fattispecie di irregolarità ricorrono in questo progetto lo stabiliranno gli organi preposti ai controlli. La domanda che mi pongo è: avremmo dovuto continuare ad affidare un servizio con queste modalità, solo perché le guide ne pretendono il proseguimento? Altra questione riguarda l’attività di formazione legata alla Carta Europea del Turismo Sostenibile. La scheda delle azioni numero 51 del progetto, prevede espressamente che debba essere assicurata la formazione dei dipendenti dislocati presso i centri visita dell’ente, dei dipendenti che forniscono informazioni turistiche ai visitatori e, aggiunge, che è utile aggiornare operatori turistici e le stesse guide ufficiali. Dunque la scheda 51 prevede che le guide vengano formate e non che fossero esse stesse siano formatori a fronte dell’erogazione di un compenso. Sarebbe stato utile conoscere a quale albo di formazione fosse iscritta l’associazione Guide del Parco e come facesse a svolgere attività di formazione rilasciando anche i relativi attestati. Rispondendo alle loro accuse, dove era previsto che l’Ente effettuasse un secondo corso di formazione in quelle condizioni e non previsto dal progetto?
Anche qui sorgono fondati dubbi e, senza aggiungere altro, ci rimettiamo agli organi e alle istituzioni cui è preposto il controllo. In relazione alle attività di monitoraggio, invece, voglio specificare che in passato le guide sono state coinvolte non come associazione ma come singoli professionisti. Coinvolgimento che andrà verificato sotto il profilo delle norme vigenti in materia del codice dei contratti. Tale codice specifica, infatti, che gli affidamenti vanno assegnati a personale qualificato, che partecipa a procedura di evidenza pubblica, seguendo il principio di rotazione, attraverso la selezione all’interno di un elenco di operatori economici, tutte norme previste dallo stesso codice. La natura delle prestazioni e dei servizi è effettuata con strumenti e mezzi propri nell’esclusiva competenza del responsabile dell’ente che è deputato alla gestione e al controllo del medesimo servizio. Non può essere, dunque, condiviso dal Parco il riconoscimento di prerogativa o privilegi a favore dell’associazione guide ufficiali del parco, in merito allo svolgimento di attività in capo all’Ente e anzi, le attività di monitoraggi e i ripetuti incarichi agli stessi soggetti, vanno rigorosamente verificati sotto il profilo del rispetto delle norme contenute nel codice dei contratti, per garantire pari opportunità a tutti gli operatori del settore.
Detto ciò, nel merito dei monitoraggi anche sulla scorta di quanto trattato e discusso del 15/9 ultimo scorso, l’Ente ha una precisa linea di azione che si ribadisce: sul Lupo è stato concluso di recente un monitoraggio condotto insieme ad altri Parchi nazionali e ad Ispra, condotto con metodo “wolf howling” ed ha rilevato tre aree a forte presenza di lupi: il versante nord del Parco, la zona centrale a ridosso di Zervò, l’area grecanica dove si rivelano consistenti fenomeni di ibridazione della specie, con forti danni al patrimonio naturalistico e all’allevamento domestico. Sul tema il consiglio direttivo dell’Ente, nella prossima seduta di venerdì, discuterà del fenomeno, per stabilire le attività da intraprendere e affrontare anche la tematica dei “porcastri”, particolarmente avvertita dalla popolazione come si evince dalle mobilitazioni continue che vi sono in area Parco, con agricoltori e pastori che piangono lacrime amare, e al cui cospetto quelle di coccodrillo serpeggianti qua e là, per via dell’abbassamento del fieno in qualche greppia, non sono che trascurabile cosa. Ad ogni modo, voglio sottolineare all’associazione guide che sul lupo, il 17 settembre 2021, è stata siglato l’avvio di un’azione di sistema trasversale, con lo stesso gruppo dei parchi nazionali e con Ispra che prevede le seguenti attività:
a: monitoraggio coordinato con metodo naturalistico;
b: censimento mediante campionamento invasivo;
c: monitoraggio dell’ibridazione antropogenetica;
d: monitoraggio sanitario associato a metodo naturalistico (raccolta feci).
Come è possibile evincere da quanto sopra scritto, nessuno è fermo e ci scusassero loro maestà guide se non sono state informate per prime.
Quanto al monitoraggio dell’avifauna, riportano gli uffici dell’ente che il “servizio avvistamento ha permesso di caratterizzare per grandi linee e che, a causa di un cambiamento di modalità rilievo, non è stato possibile implementare il progetto. L’Ente ha deciso quindi di sospendere attività per un anno e poter programmare, in maniera compiuta, le attività di monitoraggio secondo un protocollo armonizzabile con quanto già osservato negli anni precedenti. Il 2022 l’attività sarà ripresa attraverso la definizione di un protocollo che possa permettere di recuperare i dati ad oggi non facilmente utilizzabili ed edificare una banca dati robusta per un periodo di monitoraggio pluriennale ben definito, in maniera da quantificare, secondo criteri scientifici, l’entità di flussi migratori in Aspromonte”. Questo quanto risulta agli atti.
Come si vede le critiche appaiono faziose, l’ente ha una strategia chiara che è stata anche esposta alle guide oltre che illustrate nella relazione programmatica che accompagna il bilancio 2021. E’ stato ampiamente spiegato che la scelta principale è quella di riportare la presenza dell’Ente sul territorio, sottraendola al bivacco dei lidi reggini, dove veniva impiegata consistente parte della spesa in maniera arbitraria, in quanto fuori dai confini del Parco, e per altro senza indirizzi dell’organo di amministrazione. In conseguenza di tali scelte è stata privilegiata la riapertura centri visita e delle porte d’accesso, strutture di accoglienza in questi anni inspiegabilmente chiuse, sostenendo al contrario, attività quali quelle del punto informativo dentro al Museo di Reggio Calabria struttura lontana e distante dalle comunità montane del parco. Abbiamo voluto costruire una strategia che guardasse al piano di gestione dei centri visita ed è poco importante se questo non privilegia il business di qualcuno. Abbiamo, inoltre, previsto il rafforzamento della rete museale e, Palazzo Mesiani concesso in comodato d’uso da parte del comune di Bova per la sede del Geoparco, ne è un esempio.
E’ stata affrontata anche la problematica della sentieristica con attività di potenziamento e riqualificazione, iniziative che vanno finalmente oltre le semplici adozioni di questi anni. Ancora, sono stati avviati i progetti di realizzazione delle “infrastrutture verdi” per un importo totale di 9 milioni e 600 mila euro, fondo convenzionato con MITE fin dal 2017 e mai avviati a realizzazione. Sono stati avviati gli interventi previsti dal decreto clima annualità 2019 e convenzionati quelli del 2020 per un totale di circa 7 milioni di euro, per non parlare dei progetti inerenti la Ciclovia e il Sentiero Italia, progetti realizzati con la Regione per circa 9 milioni e ormai in fase di ultimazione. Ma di questo le Guide ufficiali del Parco non parlano e si tengono a distanza. A loro interessa rinnovare solo le decine e decine e decine e decine di migliaia di euro in precedenza erogati dall’Ente all’Associazione, tra parkbus, monitoraggio e “ammennicoli” vari, indipendentemente se ciò costituisce il ruolo che dovrebbe avere un Ente Parco. Ma già mi sfuggiva: loro hanno conosciuto un solo modello di Ente parco: quello dell’Aspromonte degli ultimi nove anni e questo spiega tutto”.