A spiegare nel dettaglio la sua posizione è lo stesso dirigente del Dipartimento che nella relazione introduttiva alla Variante al Prg ha usato il termine “orcaferone” per definire il Ponte sullo Stretto.
L’architetto Vincenzo Schiera ha quindi rotto gli indugi e scritto una lettera di risposta e chiarimenti indirizzandola ai consiglieri, al sindaco e all’assessore De Cola.
“La Variante di Tutela Ambientale non contempla minimamente una eventuale programmazione contraria o favorevole al "ponte sullo stretto", per il semplice fatto che qualunque previsione urbanistica elaborata in tal senso non potrebbe mai rientrare nelle prerogative del governo cittadino e men che meno può essere disposta o programmata dagli uffici di questo Ente. Tale materia resta di esclusiva competenza del Governo nazionale sentiti i Presidenti o i rispettivi Governi delle due regioni. Ne discende che qualora al Comune di Messina venisse prescritto – dai suddetti organi di Governo – di inserire: vincoli , opere e aree connesse al Ponte, il Comune , vuoi o non vuoi , non potrà sottrarsi a tale obbligo. Paradossalmente, oggi, in presenza di vincoli di Piano scaduti compresi anche quelli del Ponte, il voler salvaguardare le aree verdi e non consentire nuovo consumo di suolo – (esattamente come fa la Variante di Tutela ) va a tutto vantaggio del Ponte stesso, risultando evidente che ogni costruzione in "area ponte," costituirebbe un ostacolo fisico ed un problema legale in più da risolvere per la sua costruzione”.
Il dirigente evidenzia come la frase finita al centro delle polemiche è stata estrapolata dalla relazione generale nell’ambito di un contesto nel quale non veniva usato un linguaggio tecnico ma figurato e della quale Schiera se ne assume la piena responsabilità ribadendo d’averla firmata.
“Il pensiero, contrario al ponte che qualcuno contesta, si spiega con tre ordini di motivi del tutto personali:
1)Idealista Chi ha dentro di se radici isolane difficilmente accetterà l’ idea che quello sperduto pugno di terra in mezzo al mare diventi banalmente raggiungibile con una partenza e un arrivo che non siano esclusivamente dal mare.
2)Ambientalista– Dalla considerazione che il ponte con i suoi: sbancamenti, cantieri, asfalti, trivellazioni, polveri, gas, fumi, olii esausti, ossidazioni, composti chimici, rumori, luci e scarichi, potrebbe far saltare quell’ equilibrio sottilissimo che è lo stretto di mare e di terre che oggi è in ZPS e che si vorrebbe mettere sotto tutela UNESCO.
3 )-Urbanista- Un architetto o un ingegnere – se ha a cuore l' integrità della città – non può non avere il timore che prima, durante e dopo l' esecuzione dell’ opera, la città stessa possa restare, prigioniera per sempre dell' opera stessa , che essendo un gigantesco "fuori scala" finirebbe con l' avere lo stradominio su tutto il resto.
In particolare l’ area lagunare in IBA e ZPS subirebbe uno stravolgimento, in senso naturalistico e in termini di biodiversità , che certamente non potrà minimamente essere sostituito o compensato da volenterosi e riusciti interventi urbanistici o d'arredo urbano ( aree gioco, aree verdi, laghetti o lagune artificiali, piazzali e percorsi drenanti, colorate barriere fonoisolanti ecc… ). A mio avviso l’ uomo non è ancora attrezzato per poter sostituire o modificare degnamente i grandi capolavori della natura tra i quali v'è lo Stretto di Messina.
L' Ufficio Piano, proprio per volere rispettare la natura, si è limitato a redigere una semplice e modestissima Variante di Tutela Ambientale e null'altro.
Vincenzo Schiera