Intervenire al borgo marinaro delle case basse di Paradiso per impedire qualsiasi occupazione abusiva di abitazioni demaniali, già sotto tutela della Guardia Costiera e soprattutto addebito dei costi spettanti agli occupanti, per demolizioni e trasferimento di suppellettili ed inerti. L’assessore alle politiche del mare, Pippo Isgrò, così ha stigmatizzato la questione emersa dalla impossibilità di poter avviare le attività nautiche per normo dotati e diversamente abili, da parte della Polisportiva Odysseus, sodalizio che doveva allestire tali servizi all’interno del progetto di recupero del Borgo marinaro. «Sul territorio delle Case Basse Paradiso – scrive l’assessore Isgrò, in una nota trasmessa al Comando della Capitaneria di Porto, al Comando del reparto operativo dei Carabinieri ed al Nucleo tutela del territorio della Polizia municipale – sono presenti alcuni occupanti che millantano la proprietà di manufatti sul demanio marittimo, altri assegnatari di case popolari risultano ancora occupanti gli immobili. L’auspicio – ribadisce Isgrò – è che le Istituzioni collaborino per la soluzione del problema, anche attraverso un tavolo tecnico da convocare a settembre, per riportare la legalità nell’area e permettere a chi ne ha titolo e diritto di poter riqualificare, a proprie spese, parte del borgo».
Secondo la politica di risanamento che l’Amministrazione comunale intende infatti perseguire, i fabbricati testimoni del processo di formazione del borgo, insieme ai percorsi, saranno salvaguardati dalle demolizioni indiscriminate e valutati nell’ambito di un piano di recupero generale dell’area, che tenga conto della vocazione marinara dell’insediamento e del suo rapporto con il mare. Il servizio per i beni storici, artistici ed etno-antropologici della Soprintendenza negli anni scorsi aveva svolto una serie di sopralluoghi al sito al fine di conoscere e valutare eventuali peculiarità storiche ed elementi di interesse da imporne la tutela diretta. Dall’osservazione dello stato di fatto dell’antico borgo, fortemente degradato, sono emersi elementi che, a parere dei tecnici della Soprintendenza, «se da un lato non giustificano di per sé la tutela diretta, tuttavia andrebbero recuperati a testimonianza della storia dell’insediamento, nato nei primi decenni del XIX secolo, quando i terreni furono dati in concessione e occupati dai privati, in parte per essere coltivati ed in parte per l’edificazione di modeste casette rurali, costruite in pietrame misto a laterizi».