Per il neo sindaco Cateno De Luca ci sono pochi dubbi su quello che sarà il destino delle società partecipate di Palazzo Zanca: liquidazione a tappeto, accentramento di tutti i servizi sotto un’unica regia, che potrebbe assumere le sembianze di una Multiservizi che riporta la memoria la caro e naufragato progetto di Antonio Le Donne, razionalizzazione delle centrali di costo e del lavoro che in questo momento viene svolto da ogni partecipata in modo autonomo. Ma quando si parla di partecipate si parla di servizi essenziali come acqua, trasporto e rifiuti. Ed è proprio sulla gestione rifiuti che De Luca, pungolato dalle domande tra una foto, qualche battuta e l’attesa degli atti per il giuramento dei suoi assessori, risponde mettendo in chiaro alcuni punti che potrebbero far scattare subito sulla sedia dipendenti del comparto, sindacati, governance di MessinaServizi e forse anche l’ormai ex assessore Daniele Ialacqua che, stando al programma del nuovo sindaco, vedrà cancellato con un colpo di spugna tutto il lavoro fatto negli ultimi tre anni. E così, proprio quando MessinaServizi era finalmente partita, dopo una gestazione lunga e travagliata, adesso si prospetta l’ipotesi di azzerare tutto e ricominciare da una nuova prospettiva. Per De Luca la nuova società dev’essere messa in liquidazione perché l’attuale gestione viene programmata in modo sbagliato e basandosi non tanto sugli obiettivi da raggiungere ma sul costo dei servizi così come vengono gestiti. Quindi neanche dopo tre mesi di vita MessinaServizi potrebbe vedere già vicina la sua fine. L’alternativa che De Luca mette sul piatto è la gestione privata: bando, gara d’appalto e affidamento ad un privato che svolgerà i servizi pattuiti con il Comune con con determinati obiettivi da raggiungere e con un budget di spesa tarato su quegli obiettivi. Obiettivi che, sottolinea più volte De Luca, rispettano semplicemente le indicazioni che arrivano dalla normativa vigente. «In base ai parametri di gestione di una gara di appalto è chiaro che a MessinaServizi c’è almeno il 30% dell’attuale personale in esubero. Non è una valutazione mia un calcolo fatto sui parametri di legge».
Quindi De Luca vuole tornare indietro sul Piano Aro approvato dalla Regione ormai nel 2015, sulla scelta di amministrazione e consiglio comunale che su quel piano ha costruito il modello di gestione rifiuti dei prossimi anni, vuole tornare indietro sulla Srr che ha avuto una pianta organica approvata dalla Regione e che prevede l’impiego di tutto il personale che veniva da Ato3 e Messinambiente e che è confluito verso la Messinaservizi. «Si fa un nuovo piano industriale basato su parametri di gara che sono parametri fissati dalla legge, non li invento io». E quindi gestione privata di fronte a un’eredità che invece è sotto l’insegna della gestione in house a totale partecipazione pubblica, infatti MessinaServizi è al 100% del Comune.
«Un eventuale privato ha per contratto l’obbligo di raggiungere il 65% di raccolta differenziata in tot anni. Rischi nel far entrate i privati? Non è un rischio sotto nessun aspetto». E i dipendenti? Anche su questo fronte De Luca è perentorio: «In base ai parametri di gestione di una gara di appalto c’è già almeno il 30% dell’attuale personale in esubero. Non è una valutazione mia, i numeri ci daranno ragione. Solo così il servizio potrà diventare davvero redditizio».
De Luca vuole praticamente stravolgere il settore rifiuti e si dice pronto anche a smontare in un batter d’occhio il piano industriale che il direttore generale Aldo Iacomelli ha già predisposto e che di certo sarà uno dei primi atti su cui si confronteranno. «Valuterò quel piano industriale basandolo sui parametri di gara previsti dalla legge e vedrete che attraverso l’affidamento ai privati i costi si ridurranno perché cambia la redditività del personale, la gestione privata è diversa».
Il 30% del personale sarebbe quindi in esubero, su oltre 600 dipendenti tra ex Ato3 e ex Messinambiente c’è una fetta che per De Luca non deve stare ai rifiuti. E allora la soluzione sarebbe la riqualificazione professionale e la ricollocazione in base alle risultanze dei carichi di lavoro del Comune, perché comunque a monte tutti i dipendenti delle partecipate entrerebbero nella dotazione organica comunale. Come avverrà tutto questo visto che la legge non prevede un’ipotesi simile? Arriveranno le risposte anche su questo fronte.
Per il neo sindaco sembrano non esserci grandi margini di ragionamento su questo punto così cruciale. Non servono neanche le motivazioni che l’amministrazione Accorinti aveva messo negli atti per motivare la scelta della gestione in house piuttosto che con i privati: nel Piano Aro si prevedeva infatti che la spesa di gestione in house si sarebbe aggirata tra i 33 e i 34 milioni nei 9 anni, contro i 36 – 37 milioni ipotizzati per l’affidamento in appalto. Secondo i calcoli inseriti nel Piano, l’affidamento in house, rispetto all’appalto, consente per i 9 anni, una economia complessiva per Comune che si può stimare in oltre 21,5 milioni di euro. Ma De Luca punta a un altro modello. Con i privati. E con delle inevitabili conseguenze su tutto il sistema.
Francesca Stornante