Potrebbe tornare all'imprenditore Vincenzo Pergolizzi l'immenso patrimonio sequestrato ormai parecchi anni fa dalla magistratura messinese, stimato oltre 25 milioni di euro. La Corte di Cassazione, accogliendo l'istanza degli avvocati Salvatore Silvestro, Salvatore Stroscio, Saverio Campana e Dario Vannietello, ha annullato il provvedimento col quale la Corte d'appello di Messina, nell'ottobre 2014, confermava il sequestro e la sorveglianza speciale disposta per il costruttore di Milazzo molto attivo anche a Messina.
La Suprema Corte ha chiesto un nuovo esame ai giudici di Secondo grado, che potrebbero comunque confermare nuovamente il sequestro o diversamente disporre la restituzione dei beni a Pergolizzi e i familiari. In ogni caso non potranno non tener conto dei rilievi della Cassazione.
Nel frattempo, inoltre, Pergolizzi è stato assolto dall'accusa di essere un "colletto bianco" della mafia locale, o meglio un concorrente esterno del clan, un imprenditore a disposizione dei mafiosi. In particolare Pergolizzi, secondo gli investigatori messinese, è stato il vivandiere del boss catanese Pillera-Cappello. Contro di lui c'erano le dichiarazioni dei pentiti, ultimo il messinese Salvatore Centorrino, che lo ha dato vicino al boss barcellonese Carmelo Vito Foti.
Più volte avrebbe fornito il proprio contributo alla causa nascondendo nei suoi appartamenti latitanti ed armi. Sotto chiave sono così finiti conti correnti, barche intestate a familiari, amici e perfino alla segretaria. Di Pergolizzi si era parlato già nel lontano 1984 quando aveva nascosto a Milazzo due latitanti siracusani. Per questa vicenda era stato poi condannato a due anni di reclusione. Questo genere di rapporti è poi proseguito negli anni fino al 2009, come hanno accertato le indagini della DDA coordinate dal procuratore capo Guido Lo Forte e dai sostituti Angelo Cavallo e Vito Di Giorgio. Nel 1999 Pergolizzi era stato arrestato per concorso esterno, accusa derubricata in sentenza ed estinta, oltre 10 anni dopo. L’imprenditore era accusato di aver dato ospitalità nel 1989 ai boss catanesi Turi Cappello e Nino Pace. Inoltre il figlio di Turi Cappello, Santo, quando si recava a Messina era ospite di Pergolizzi in una villa di Mortelle. L’imprenditore poi non faceva poi mancare abiti e scarpe eleganti al boss latitante.
Le indagini della DDA hanno fatto emergere parecchie anomalie nella gestione dei conti di Pergolizzi e dei suoi familiari. Numerose operazioni bancarie sospette che hanno poi trovato conferma nelle indagini dei Carabinieri. E’ il caso di alcuni flussi di denaro inspiegabili che nasconderebbero operazioni di riciclaggio, Come i 500mila euro finiti sul conto corrente della madre 85enne di Pergolizzi e versati da un uomo residente in Campania.
Agli atti anche il caso della segretaria dell’imprenditore. Con uno stipendio annuo di 14 mila euro si poteva permettere una barca di 20 metri e parecchi appartamenti, tutti risultati intestati a lei. Lunga la lista dei beni posti sotto sequestro dai Carabinieri della Compagnia Messina Centro: tre società edili – la PER.EDIL srl, che ha realizzato il complesso Aralia, la CO. STE. SON. Srl. e la Costruzioni E.P. srl. Ancora: una operante nel settore della panificazione, CE.DI.PAN, 4 abitazioni, due a Milazzo, una a Lipari, una a Pace del Mela, 3 terreni 10 automezzi, fra cui una Cadillac Escalade 6000 ed una Jaguar, una imbarcazione di oltre 20 metri, 22 rapporti bancari. P
oco dopo i carabinieri misero i sigilli anche a beni intestati ai familiari: un'altra Jaguar, modello Xj, una Opel Corsa, una Citroen C1, due furgoni, un autocarro, un terreno a Messina ed altri immobili a Milazzo. (Alessandra Serio)