Politica

Pd, M5S e Sud chiama Nord: tre partiti in cerca d’autore

Cosa avviene sul fronte delle opposizioni in Sicilia in vista delle Europee? Prima di tornare al centrodestra al governo e alle sue contraddizioni, ci domandiamo: che cosa accade nel centrosinistra e in Sud chiama Nord? Forze politiche che andranno separate alle Europee ma che, in prospettiva, dovranno interrogarsi sull’ipotesi di alleanze basate su contenuti e progetti. Soprattutto Pd e M5S, reduci dalla vittoria regionale in Sardegna, dove hanno trovato una candidata credibile.

Il partito del lider maximo De Luca tenta intanto un’improbabile, almeno in questo momento, scalata nazionale ed europea. Il Movimento Cinquestelle continua a essere un ibrido che non spicca il volo ma che contende ai Dem la guida di un’opposizione che vorrebbe un giorno tornare a governare. Il Pd è un partito incompiuto: né carne, ovvero la sinistra, né pesce, cioè un centro occupato da Renzi e Calenda.

In particolare, il Partito democratico è attraversato da notevoli fibrillazioni a livello nazionale, regionale e provinciale. Il punto è che ci vorrebbe una battaglia delle idee per cambiare davvero il Pd. L’auspicio di molti elettori di sinistra, o potenzialmente disponibili a votare quel fronte lì, è che la segretaria Elly Schlein rinnovi davvero la classe dirigente. Bisognerebbe, nel tempo, fare tabula rasa dei notabili che difendono posizioni di rendita. Sul fronte dei contenuti, dalla patrimoniale all’impegno per lavoro e giustizia sociale, molto si potrebbe fare con proposte concrete. Ma si dovrebbe uscire dalle lotte di potere personalistiche e dalle eterne prudenze.

Da parte sua, il Movimento Cinquestelle nazionale e siciliano deve decidere se assecondare ancora il proprio tornaconto elettorale o se cominciare a ragionare in termini di confronto progettuale, ma serio, con il Pd. Di alleanze posticce non si sente il bisogno. Anche se in una società più decente di questa, bisogna ammetterlo, basterebbe una formazione unica ancorata a sinistra. Una formazione con un’ala più radicale e una riformista. Ma veramente riformista.

Mancano i partiti come contenitori di idee e di una futura classe dirigente

Nello scenario sbiadito della sinistra italiana ed europea, invece, riformismo è diventato sinonimo di moderatismo e ogni analisi della società è stata abbandonata. Riformisti e radicali dovrebbero dividersi solo sui mezzi per raggiungere gli obiettivi, più graduali o meno. Ma dovrebbero avere lo stesso orizzonte: quello di cambiare la società nel segno della giustizia sociale, dell’ istruzione e della sanità pubbliche, dell’abbattimento delle barriere economiche e sociali, dei diritti civili e della sostenibilità ambientale.

Ma così non è e mancano partiti solidi. Partiti che siano contenitori di idee e di formazione delle future classi dirigenti. Per questo motivo, a sinistra, sul centrodestra poi torneremo, servirebbe una sostanziale trasformazione di Pd, Alleanza Verdi e Sinistra e M5S.

Sul fronte del centro, oltre a Italia Viva di Renzi e Azione di Calenda, c’è la galassia singolare guidata dal leader Cateno De Luca, con Sud chiama Nord. Durante l’Assemblea nazionale a Taormina, è emersa l’intenzione di correre con il proprio simbolo alle Europee. Ma, per come il partito è strutturato, incentrato sulla figura del capo indiscusso e ingombrante, appare difficile che ScN possa affermarsi in campo nazionale. Molto più solida appare la dimensione regionale, seppure in una parte della Sicilia. E le valutazioni del sondaggista Piepoli sembrano troppo ottimistiche.

Può darsi che chi scrive si sbagli, e che davvero il partito di De Luca possa ambire a scenari maggiori, ma rimane l’impressione, suffragata dall’esperienza a Monza, che si tratti in sostanza di un fenomeno siciliano e legato a una personalità. Al contrario, in ambito nazionale, il partito dovrebbe lavorare di più in termini di alleanze e federazione con altre realtà.

Pd, M5S e ScN cosa faranno da grandi?

Insomma, sono tutti partiti ed esponenti politici che devono decidere cosa fare da grandi. Crescere o continuare a far finta d’avere un pensiero. Cantava Gaber: “Un’idea un concetto un’idea/ finché resta un’idea/ è soltanto un’astrazione/se potessi mangiare un’idea/ avrei fatto la mia rivoluzione”.

Qua, più che di una rivoluzione, ci si accontenterebbe di una “buona idea”, come canta invece Niccolò Fabi. Altrimenti, si rimarrà orfani di “partecipazione e di una legge che assomiglia all’uguaglianza/ Di una democrazia che non sia un paravento/ Di onore e dignità, misura e sobrietà /E di una terra che è soltanto calpestata/ Comprata, sfruttata, usata e poi svilita/ Orfano di una casa, di un’Italia che è sparita”.

Tra mangiare o coltivare buone idee, per ora siamo tutti a digiuno.