meteo

Perché fra Etna e Peloritani possono nascere temporali così violenti?

Lo scorso giovedì, in questo nostro articolo, veniva spiegato con largo anticipo la possibilità di vedere la formazione di temporali potenzialmente molto intensi sulla Sicilia orientale, in modo particolare fra l’Etna e il versante ionico del messinese. Purtroppo il fenomeno si è sviluppato, tanto che l’enorme quantità d’acqua caduta sui Peloritani, nell’area fra Malvagna, Novara di Sicilia e il barcellonese, ha raggiunto quantità eccezionale, con valori di oltre 250 mm, fino a 300 mm nella zona di Novara di Sicilia. Una enorme quantità d’acqua che ha provocato l’istantanea onda di piena di tutti i torrenti del comprensorio barcellonese e milazzese, come il Patri e il Longano, e gli estesi allagamenti fra Barcellona e piana di Milazzo. Del resto con questi rate di pioggia le criticità erano inevitabili.

Mappa fornita dal CFD IDRO Sicilia. Si notano gli oltre 312 mm caduti sul territorio di Novara di Sicilia.

Dopo aver interessato il milazzese e il barcellonese ora il temporale continua a insistere sulla parte ionica del crinale peloritano, con fenomeni molto localizzati. Con molta probabilità il sistema temporalesco continuerà a muoversi molto lentamente verso nord, perdendo buona parte della sua energia, fino a collassare quasi del tutto, ancora prima di spingersi sullo Stretto.

Già dalla mattinata i primi rovesci di pioggia e temporali localizzati si sono formati proprio nell’area fra l’Etna, la parte più meridionale dei Peloritani, fino ai territori di Malvagna, Novara di Sicilia e Fondachelli Fantina. L’intensificazione dei venti di scirocco nei bassi strati, lungo la costa ionica del messinese, ha favorito lo sconfinamento di questi fenomeni al di là del crinale peloritano, verso il versante tirrenico, in direzione dei comuni di Fondachelli Fantina, Tripi e Novara di Sicilia, con lo sviluppo di un piccolo ma insidioso temporale autorigenerante, di tipo “v-shaped storm”.

Il temporale nella fase di sua massima intensità presentava elementi supercellulari durante lo sfondamento sulle coste del milazzese.

Perché sui Peloritani si formano questi temporali?

Un ruolo determinante lo gioca la componente delle correnti, sia in quota (quindi sopra i crinali montuosi) che nei bassi strati (lungo le strette vallate). Molto spesso, quando le correnti si orientano da SE nei medi e bassi strati, l’aria molto umida e pesante che sale dal mar Libico e dallo Ionio verso il versante orientale dei Peloritani, dopo aver aggirato l’ostacolo rappresentato dall’Etna, si incanala all’interno dell’Alcantara e della valle d’Agrò, penetrando per chilometri fino all’entroterra. La particolare conformazione orografica di queste vallate permetterebbe l’ingresso verso l’entroterra, di enormi quantità di vapore, per diverse decine di chilometri.

L’aria molto umida, di provenienza ionica, dopo essersi incanalata in queste vallate, è costretta a valicare i primi comprensori montuosi, che rappresentano il versante meridionale dei Nebrodi. Per una forzatura orografica la massa d’aria molto tiepida e carica di umidità viene costretta a sollevarsi verso l’alto lungo la parte più alta del bacino dell’Alcantara, sui monti alle spalle di Taormina. Salendo di quota l’aria caldo e umida tende a raffreddarsi, favorendo la condensazione del vapore acqueo e il successivo sviluppo di imponenti annuvolamenti cumuliformi (cumuli, congesti, cumulonembi) lungo il crinale esposto a sud.

La presenza in quota di una forte ventilazione meridionale, in genere o da Sud o Sud-ovest, che scorre a gran velocità sopra l’Etna, va ad esaltare le cumulogenesi orografiche che si vengono a formare in loco (tra il versante nord dell’Etna, il sud dei Peloritani e il sud dei Nebrodi), fino al punto da farle tracimare sull’altro versante, ossia quello che si affaccia al Tirreno. Se l’umido flusso sciroccale che si incanala sull’Alcantara persiste per ore il continuo afflusso di aria umida marittima che viene sbattuta sul versante meridionale dei Nebrodi e dei Peloritani contribuirà ad alimentare la crescita degli addensamenti nuvolosi che diverranno sempre più compatti e sviluppati, al punto da produrre piogge di moderata o forte intensità che rimarranno persistenti fino a quando non si rompe questo delicato equilibrio che si instaura fra i due versanti (basta un calo della ventilazione per annullare gli effetti o far concentrare le precipitazioni solo sui versanti meridionali dei Nebrodi e monti Peloritani).

A proposito dell’effetto Alcantara

Generalmente, quando si attiva l’”effetto Alcantara”, come nel caso di oggi i cumulonembi responsabili dei diluvi che avvengono sul messinese si sviluppano sopra la cima dell’Etna, per essere rapidamente spazzati dai fortissimi venti meridionali in quota (fra 3000 e 5000 metri di quota) verso il versante settentrionale del vulcano, nell’area fra i comuni di Linguaglossa e Randazzo. I forti moti ascensionali che si sviluppano in corrispondenza dell’Etna e dell’alta vallata dell’Alcantara vengono spiegati dal fatto che proprio in corrispondenza della valle dell’Alcantara, e in misura minore dell’Agrò, questi moti convettivi indotti dal “forcing” orografico, vengono “intercettati” dai violenti flussi da Sud e SO, predominanti in quota.

Questi venti violenti in quota, interagendo con la cima dell’Etna, possono generare grosse turbolenze che risucchiano verso l’alto le masse d’aria calde e molto umide penetrate all’interno della valle dell’Alcantara, spingendo le particelle d’aria a salire fino a quote prossime alla tropopausa, se non addirittura oltre, generando convezione profonda in un’area circoscritta, proprio fra l’Etna e i Peloritani. Sono proprio i rilievi, al confine tra Etna, Peloritani e Nebrodi, ad agevolare la costruzione di grandi annuvolamenti cumuliformi che si espandono sino al Longano e alle pianure del milazzese, portando piogge e rovesci, sotto le sferzanti raffiche di scirocco e ostro che scendono dai rilievi circostanti. Tale dinamica, meglio nota come “effetto Alcantara-Agrò” (dal nome delle omonime vallate che lo producono), già responsabile dell’alluvione dell’11 Dicembre 2008 fra Falcone e Barcellona, si è riproposta nei minimi dettagli anche nell’alluvione del 22 Novembre 2011, pur con delle differenze in merito all’estensione dell’area vulnerata dai fenomeni estremi e alle zone interessate da essi.

I precedenti del 2008 e 2011

L’evento alluvione del Dicembre 2008 interessò, allora, un’area molto più vasta che andava dai comuni della valle del Mela, a Barcellona e alla cittadina di Patti, con epicentro delle devastazioni proprio nel comune di Falcone che rimase seriamente danneggiato dalle esondazioni dei torrenti. Nell’evento del 2011 la fascia colpita riguardava tutto il comprensorio tirrenico orientale, da Barcellona Pozzo di Gotto (non per caso la città del Longano rimane sempre colpita da questi eventi estremi visto che si trova sulla “scia” dei flussi sciroccali in uscita dalle valli d’Agrò e l’Alcantara) ai comuni di Saponara, Monforte, Venetico, Villafranca tirrena, fino al confine con le frazioni più settentrionali del comune di Messina, da Ortoliuzzo a Rodia e San Saba, investite dalla serata successiva dalla coda della “v-shaped storm”, in allontanamento verso il basso Tirreno e la Calabria centro-meridionale.