Vincenzo Tamburello, commercialista ed ex consigliere comunale di Mistretta, è stato scagionato dalla pesante accusa di essere referente della criminalità all’interno delle istituzioni.
Il Tribunale di Patti (presidente Scavuzzo), alla fine del processo Concussio l‘inchiesta che aveva contribuito allo scioglimento del consiglio comunale del centro montano per infiltrazioni mafiose, ha emesso nella tarda serata di ieri 8 condanne e assolto il così detto “colletto bianco” dell’operazione.
Al centro dell’inchiesta c’era l’estorsione ad alcuni lavori in zona, in particolare il rifacimento di alcune opere di Fiumara d’Arte, l’esposizione permanente di opere d’arte contemporanee volute dal mecenate Antonio Presti, che costellano la zona a cavallo delle province di Messina e Palermo.
Le condanne: 7 anni e mezzo a Giuseppe Lo Re, 3 anni a Isabella Di Bella, la cartomante di Acquedolci coinvolta nella vicenda, 2 anni e 4 mesi per Annamaria Hirstache, 2 anni e 2 mesi per Mario Bonelli, 2 anni per Giuseppe Belvedere, Dimitrina Dimitrova, Florian Florea e Dimona Dimitrova, collaboratori di Lo Re nella gestione dei night.
I giudici quindi confermano l’estorsione e la ricostruzione dell’accusa sull’appalto, che mette al centro la longa manus di Lo Re sulla vicenda e i suoi legami con la famiglia mistrettese. Ma esclude il coinvolgimento dell’esponente politico. In attesa di leggere le motivazioni del verdetto, i suoi difensori, gli avvocati Eugenio Passalaqua e Sandro Pruiti, si dicono soddisfatti del risultato.
A far scattare l’inchiesta era stata la denuncia dell’imprenditore Rosario Fortunato che, dopo una pronuncia del Tar, era subentrato ai lavori di restauro di una parte delle opere di Fiumara d’Arte. Il subentro in cantiere non era però stato indolore, e Fortunato si vede avvicinare da chi gli vuole imporre le forniture, poi gli viene fatto capire che dietro tutto c’è “la signorina”, che altri non è che Maria Rampulla, della omonima potente famiglia di cui fa parte Pietro Rampulla, artificiere della strage di Capaci.
Ad avvicinarlo ed offrirsi per sistemare la vicenda è Lo Re, secondo gli inquirenti affiliato al clan di San Mauro Castelverde, che in quel periodo gestisce due night in zona, chiusi allo scattare degli arresti.