Quattro magistrati, un consulente di Procura, un avvocato e sette finanzieri. Ci sono praticamente tutti quelli che si sono occupati del caso Fenapi nell’atto di denuncia che Cateno De Luca ha steso e che, annuncia il suo legale Carlo Taormina, “presenterà nelle prossime settimane”.
Come già fatto più volte in passato, quindi, il deputato regionale inquisito per frode fiscale annuncia denunce nei confronti di chi ha indagato su di lui, mettendo nero su bianco un duro atto nel quale ricapitola tutta la sua lunga vicenda giudiziaria, cominciata nel 2006 e che secondo lo stesso esponente politico non è altro che uno strumentale attacco nei suoi confronti, per stopparne la carriera politica.
Rispetto alle precedenti denunce degli anni passati, alle quali fa cenno lo stesso De Luca, il politico e i suoi legali hanno sostanzialmente “allungato” il novero dei “denunciati”, chiedendo alla magistratura di Reggio Calabria di verificare se nelle condotte di tutti quelli che si sono occupati di lui si ravvisino condotte di reato.
De Luca chiede l’acquisizione di tutti gli atti giudiziari che lo riguardano e annuncia il deposito di ulteriore documentazione. Alle 15 pagine titolate “atto di denuncia”, De Luca aggiunge un elenco di quattro pagine di allegati, fornendo 47 pagine del solo primo allegato, denominato “Oltre dieci anni di aggressione giudiziaria della Fenapi”. Nel compendio che ne viene fuori, De Luca ripercorre minuziosamente ogni passaggio degli ultimi 11 anni di traversie giudiziarie.
Nel lungo elenco di atti riversati nel compendio distribuito stamane a margine dell’incontro pubblico tenuto a Santa Maria Alemanna, De Luca riversa, tra gli altri, stralci di suoi comizi recenti e più datati, stralci delle dichiarazioni di esponenti politici di Fiumedinisi e dintorni che avrebbero puntato il dito contro al Fenapi, e fa cenno alle sue precedenti denunce contro i magistrati. In particolare una risalente al 2012, nell’ambito della quale è stato ascoltato a sommarie informazioni testimoniali nel 2014, e che al momento non ha trovato sviluppi concreti e “visibili” ed in relazione al quale De Luca riferisce che da Reggio Calabria è stato spostato a Catanzaro.
L’altra denuncia alla quale fa cenno è quella del dicembre 2016 ed anche questa, spiega De Luca, è ancora pendente senza che abbia prodotto sviluppi sostanziali.
Nel lungo elenco di inquirenti e investigatori rispetto ai quali il deputato chiede la verifica c’è ovviamente l’oggi Procuratore generale di Messina Vincenzo Barbaro, che ha già replicato annunciando contro querela. E del quale ironicamente dice: “Oramai abbiamo un rapporto di amore e odio simile a quello della sindrome di Stendhal, mi ci sono quasi affezionato, quindi le dico, Procuratore, ci rivedremo ancora in un’aula di Tribunale”.
Dal palco, De Luca annuncia che il contenuto integrale della sua denuncia sarà on line sulla sua pagina Facebook, e lancia la costituzione di un'associazione di "perseguitati dalla mala giustizia": Ho deciso di creare per questo motivo un'associazione per tutti i cittadini vittime della giusitizia, affinché possano avere un supporto per portare avanti le loro battaglie e così possa trinfare veramente la giustizia. Siamo stanchi di essere vittime di un sistema che aggredisce i cittadini spettacolarizzando la giustizia senza effettivamente ricerare la verità, ma solo per determinare un potere che possa cambiare il corso degli avvenimenti".
L’avvocato Carlo Taormina affonda: “La storia di De Luca è il più emblematico caso di malagiustizia”. E torna ad attaccare i giornalisti: “Il giornalismo dovrebbe essere completezza di informazione, sarebbe un toccasana nei confronti di questa magistratura, incontrollabile e incontrollata. Invece l’80% dei giornalisti è servo del potere”, commenta il legale a margine della ennesima conferenza stampa convocata dal suo cliente..