-C’era una volta Messina-. Quante volte l’abbiamo sentito. Una città florida, benestante, felice: che viveva. -C’era una volta Messina-, adesso forse è rimasto solo lo spettro di quella splendida perla sullo Stretto che incantava i visitatori e faceva innamorare di sé i propri abitanti. Oggi si stringe i denti e ci si tappa il naso, come per entrare ad -ammirare- da vicino uno dei simboli di questa decadenza: l’Hotel Riviera di Viale della Libertà. L’occasione ci viene offerta dalla visita nella struttura della IIa commissione della Provincia Regionale, presieduta da Piero Briuglia. L’Ente ormai da decenni prova a dare una nuova sistemazione all’ex albergo, ma non c’è mai riuscito. Si sono susseguite le Amministrazioni, è aumentata solo la polvere.
Sulla porta di ingresso la notifica del sequestro datata 21 maggio 1993. Senza timbro della Procura. Della hall è rimasta solo la -forma-: la reception è un cumulo di inerti, pezzi di parete e pavimento. La bacheca delle chiavi è penzolante, gli infissi in alcuni casi hanno retto, in altri cadono giù insieme a -mezzi lampadari-, stando in bilico sulle teste di clienti fantasma. Ci sono ancora diverse bottiglie di vetro integre di acqua Fontalba e la cornetta del telefono poco distante dallo spazio riservato alle conversazioni via cavo: lontano dall’epoca del telefonino.
L’immagine lugubre, in un mix di grigio e nero, si mischia con il buio della paura di non poter vedere oltre il corridoio. Quella che era la stanza dei convegni adesso brulica di pezzi di ferro e legno. Del ristorante -Il Galeone- rimane solo l’insegna: non si illumina. Vediamo la luce solo grazie al faro di colui che ci accompagna a visitare il primo piano dell’immobile. Lo scheletro fa quasi sperare che possa esserci ancora una possibilità di veder nuovamente pulsare il cuore dell’Hotel. Ma il vuoto delle stanze riempie la risposta di desolazione. Al loro interno si può scorgere il passaggio di qualcuno, esseri umani ed animali. Le foto di Dino Sturiale (cliccando in basso photogallery tutte le foto della struttura) testimoniano la presenza di siringhe: alcune usate, altre ancora sigillate. Ci sono fazzolettini utilizzati da poco; tracce di escrementi. Troviamo perfino un pallone da calcio. Poi cenere.
Gli odori irrespirabili, a tratti sembra di sentire puzza di cadavere. Ma forse a morire è solo la dignità di chi ha contribuito al crearsi di questa situazione: le Istituzioni e ognuno di noi.
(vedere articolo correlato)
EMANUELE RIGANO