Sembra essersi aperta, a quasi un anno dalla sua nascita, la stagione del confronto all’interno del Partito Democratico. Un dibattito annunciato e ritenuto da molti necessario già all’indomani della prima disfatta elettorale di aprile, col doppio ko di Regionali e Politiche, e divenuto obbligato a Messina dopo il tonfo del segretario regionale Francantonio Genovese alle amministrative che hanno riportato sullo scranno più alto di Palazzo Zanca il Pdl e Giuseppe Buzzanca. Il momento del confronto si aprirà anche a livello regionale, in vista del Congresso che si terrà nel prossimo febbraio, ma era inevitabile che, essendo messinese il segretario siciliano del Pd, i primi -fuochi- si aprissero proprio a Messina, dove il malcontento serpeggiava già da mesi, chiuso temporaneamente nel cassetto in nome delle ragioni dell’urna.
Il documento di sabato scorso firmato dagli ex Ds Angela Bottari e Filippo Panarello e dal leader del -fu- Vince Messina Antonio Saitta ha smosso le acque, provocando reazioni e dichiarazioni. Stamani a dire la sua è Paolo David, consigliere comunale del Pd, attraverso un altro documento sottoscritto anche dagli altri colleghi Marcello Greco, capogruppo Pd in consiglio, Benedetto Vaccarino, Santi Zuccarello, Emilia Barrile, Felice Calabrò (capogruppo di Genovese Sindaco), Nicola Cucinotta. «Le dichiarazioni di dissenso espresse dagli esponenti politici Bottari, Panarello e Saitta nei confronti del segretario del Pd Francantonio Genovese – scrive David – e apparse sulla stampa mi lasciano alquanto perplesso perché non indicano soluzioni né lasciano intravedere un programma politico di spessore. Mi chiedo come si possa raggiungere l’unità del partito quando i suoi stessi componenti continuano ad alimentare lotte intestine. Non condivido le osservazioni dai toni paternalistici degli ex Ds, e chiedo al segretario Genovese di illustrare quale apporto, in termini di consensi, abbia fruttato l’apertura ai Ds, in considerazione degli insuccessi raccolti in tutto il Paese, tfatta eccezione per le aree storicamente vicine all’ex Partito Comunista. Non si comprende altresì quale sia stato il loro contributo all’interno del Partito. Chiedo pertanto al segretario di manifestare i suoi intenti in merito alla distribuzione dei ruoli nel nuovo organigramma del partito e ad un possibile quanto auspicabile inserimento di volti nuovi, soprattutto di giovani più motivati, in grado di sostenere la causa della rinascita e contribuire alla consacrazione del Pd in territorio siciliano. Queste azioni dovrebbero essere tempestive, approfittando del malessere di cui attualmente risente il Pdl, i cui esponenti si mostrano più interessati alla spartizione delle poltrone che alla causa della città di Messina o della stessa Regione. Auspico, infine, che il prossimo congresso regionale del Pd costituisca l’occasione per individuare una classe dirigente in grado di raccogliere il consenso dell’elettorato siciliano e garantire un forte impulso al progetto di riforma della sinistra».
Sulla stessa linea Luigi Gullo, capogruppo del Pd al consiglio provinciale, anche lui autore di una risposta scritta: «E’ vero che va avviata una seria riflessione sulle ragioni della sconfitta elettorale del Pd e credo anch’io che sia utile organizzare la presenza del partito sul territorio, ma credo che occorrerebbe maggiore equilibrio ed una spiccata capacità di autocritica da parte di tutti. Ad una prima lettura delle dichiarazioni, apparse sulla stampa, dell’on. Panarello e degli ex assessori Bottari e Saitta, si potrebbe ricavare l’impressione di essere di fronte ad un improbabile tentativo di nascondere, o far passare in secondo piano, lo sconfortante risultato riportato dalla lista dagli stessi promossa alle ultime elezioni comunali. Tali esponenti del Pd, infatti, individuano una serie di cause, tutte ovviamente estranee ai loro comportamenti, di quella che definiscono una “bruciante sconfitta-, ma nulla aggiungono in merito al modesto risultato elettorale conseguito dagli assessori candidati nella loro lista, che pure hanno ricoperto incarichi di grande rilevanza nell’amministrazione Genovese, né sulla sortita in favore del candidato a sindaco del centrodestra da parte dell’ex segretario provinciale dei Ds nonché consulente dell’Ato3 e dell’Autorità Portuale. Non è possibile, mi chiedo, che il risultato elettorale sia da legare anche alle capacità (ed alla coerenza) dimostrate da ex assessori e consulenti? Ai tanti appelli da loro formulati ne vorrei aggiungere uno in favore del rinnovamento e dell’apertura ai giovani, onde evitare che il nuovo Pd possa essere percepito come una brutta copia del vecchio PCI messinese: stesse polemiche, stessa vocazione alla sconfitta e, ahimè, stesse facce! L’auspicio, quindi, è che possa prevalere una maggiore sobrietà nell’affrontare un momento così delicato nella vita del Pd. Speriamo venga accolto anche a Messina il messaggio di Veltroni e di D’Alema sulla necessità di un partito radicato nel territorio, capace di attrarre consensi in tutti i ceti sociali e privo di quello snobismo intellettuale di certa sinistra che, con i suoi veti ed i suoi condizionamenti, ha negativamente inciso sulle sorti del centrosinistra».
A questo punto abbiamo voluto raccogliere le voci di coloro che dovrebbero e potrebbero rappresentare il futuro, non solo dal punto di vista anagrafico, del Partito Democratico. Così Giuseppe Grioli, consigliere provinciale, ex Ds: «La mia opinione è che proprio alla vigilia della -chiusura- estiva dare spazio a questi litigi interni sia sbagliato, fermo restando che alcune osservazioni sono assolutamente da condividere. E’ chiaro però che gli errori commessi non si possono imputare solo ad una parte. Sono mancati luoghi di incontro e di dialogo, ma io provengo da una cultura politica secondo la quael i dibattiti vanno fatti -in casa- e non sui giornali. Da qui al congresso deve essere costituito un coordinamento del partito provvisorio, che abbia rappresentanti di tutte le sensibilità interne al Pd. Non so perché non si è fatto prima, avrebbe senz’altro evitato qualche eccesso e documento di troppo. Dopodiché al congresso si dovrà insediare una classe dirigente nuova, che è quello che la gente si aspette. Laddove per nuova non intendo solo anagraficamente. Infine, è d’obbligo che si costruisca in consiglio provinciale e in consiglio comunale un’opposizione costruttiva».
Pensiero simile per Francesco Quero, presidente IV quartiere, eletto nel Pd, ex Ds anche lui e vicino all’ex parlamentare regionale Francesco Calanna. «Non sono molto d’accordo con quanto scritto nel documento. Secondo me queste sono vicende che dovrebbero rimanere interne ai partiti, senza allargare ad altre componenti e senza passare dalla stampa. Se è necessario un confronto, le parti possono incontrarsi in qualsiasi momento per parlare, fermo restando la tappa fondamentale del Congresso. Bisogna però ricordare che il -nemico- politico è Giuseppe Buzzanca, non Francantonio Genovese. Così sembra la storia dei fratelli che si accoltellano».
Altro giovane -di quartiere- del Pd è Alessandro Russo, presidente della V circoscrizione, vicino a Saitta ed eletto nella lista Pd-Democratici per Messina. «E’ chiaro che il Pd è una realtà nuova, nata da poco e che ha bisogno di radicarsi nel territorio. Dal punto di vista del rinnovamento, però, devo dire che i segnali sono confortanti e lo dimostrano ragazzi come Francesco Quero e altri eletti in consiglio comunale o Giuseppe Picciolo al parlamento regionale. Queste sono dimostrazioni che le risorse umane e le capacità politiche per fare bene ci sono e bisogna fare in modo di saperle sfruttare. E’ evidente la differenza con altri partiti, che hanno parlato tanto di svecchiamento ma che poi hanno riproposto sempre le stesse persone. Coloro che hanno promosso quel documento in tante parti hanno ragione e lo ha ammesso anche Genovese, però bisogna ammettere che anche altre realtà regionali hanno problemi simili, soprattutto dal punto di vista strutturale. Bisogna spingere per la costituzione degli organi, puntare sul merito, chiudere con i giochi di -segreteria-, accellerare la fase di ricambio, ma come detto i segnali per quanto mi riguarda sono positivi, visto che anche l’ex sindaco sa benissimo che le nuove forze, quelle che ancora vivono con passione la politica, hanno bisogno di spazio».
Anche Gaetano Gennaro è di scuola Vince Messina, capogruppo Pd-Democratici per Messina in Consiglio comunale. Come da suo costume, Gennaro non le manda a dire e parla in maniera netta e decisa: «Il partito è da costruire perché è come se non esistesse. Un partito, infatti, è un luogo di confronto, ha organismi politici che ti danno la copertura necessaria nei luoghi istituzionali, tutte cose che mancano. Il Pd nasceva con l’intento di superare i riformismi tradizionali, fornendo anche la possibilità di dare asilo a tutti coloro i quali non si riconoscevano più in quelli che non erano partiti ma -comitati-. A Messina si è saltata a piè pari la preparazione ideologica alla formazione del partito, è stato recepito l’ordine venuto dall’alto della fusione -a freddo- di Ds e Margherita, lasciando spazio residuale a quella società civile che al nord, invece, ha avuto un ruolo di rilievo. E’ vero che c’è l’alibi del fatto che anche a livello nazionale non si è subito scelta la struttura da dare al partito, ma non è possibile, ad esempio, che a Messina abbiamo più circoli di quanti ne abbia Roma. Bisogna ricostituire i gruppi intermedi, la cosiddetta classe dirigente, non bastano i -leader- da soli. Si attivino i meccanismi necessari perché si esterni una linea politica da qui al congresso, non può continuare questo silenzio assordante su tutte quelle questioni, non solo di -palazzo-, sulle quali un partito deve prendere una posizione». Gennaro torna anche sull’episodio della lista Siracusano Presidente: «La mancata presentazione di quella lista fu una vicenda gravissima, e quando il coordinatore provinciale si è dimesso a chi ha rimesso l’incarico? Al cognato e vicino di stanza, al segretario regionale e non all’assemblea provinciale che lo aveva eletto. Io non contesto la leadership, attenzione, che ci deve essere sempre, ma il -principato-. Il Pd ha bisogno di un leader, non di un re».
E a proposito di leader, cosa replica Francantonio Genovese a queste dichiarazioni? Il segretario regionale, da buon ex democristiano, non si scompone più di tanto e raggiunto telefonicamente si limita a dire: «Per il momento preferisco non commentare».
S.Caspanello e E.Rigano
(foto Dino Sturiale)