Era passato inosservato. Il Dpr 113 del 1953, scovato dall’avvocato Aldo Tigano, rappresentante legale della Provincia, impegna Rfi a chiedere il parere della Regione Sicilia sulle decisioni in materia di traffico ferroviario. A maggior ragione sulla soppressione di corse da e per il continente. Il riferimento è ai treni, attualmente 3 coppie, ma si prevede un taglio di altre 3 coppie, fatti sparire dall’orario ferroviario ufficialmente perché economicamente in perdita. L’ha esposto stamattina in conferenza stampa il presidente Salvatore Leonardi, insieme all’assessore alle Infrastrutture territoriali, nautiche e aeroportuali Giuseppe Laface, mostrando la lettera indirizzata al governatore Totò Cuffaro, ai vertici di Rfi, alla società di indirizzo Ferrovie dello Stato e al ministro ai Trasporti Alessandro Bianchi. In base al Dpr succitato, ogni scelta strategica sui trasporti ferroviari in Sicilia deve avere il beneplacito del governo regionale. A sua volta la Regione ha 60 giorni per fornire il parere, passati i quali vale il silenzio assenso. Ma Rfi ha richiesto tale parere? Leonardi è pronto a scommettere di no, ma per ogni evenienza la lettera intende proprio indagare questa eventualità. Se l’assenso fosse stato dato, oppure non dato entro i termini previsti, si prospetterebbero conseguenza gravi per il governo regionale, di natura politica, e anche giuridica. Comunque, ha sottolineato Leonardi, nel caso la Regione non intenda fare valere il suo diritto ad opporsi alla smobilitazione di Rfi, «la Provincia di Messina prenderà in considerazione l’opportunità di surrogare questa funzione. Attualmente l’iniziativa è nostra, ma aspettiamo le reazioni della Regione. Se non saranno consone alle nostre aspettative cercheremo il massimo della solidarietà presso le altre Province e i Comuni, perché i disegni di Rfi ledono i diritti di tutte le comunità siciliane». Un ultimo accenno Leonardi l’ha dedicato alla possibilità annunciata da Rfi di sopprimere, insieme alle corse, alcune stazioni isolane, tra cui quella di Capo d’Orlando. «Su questo problema – ha ammesso – forse non ci sono appigli per fare opposizione istituzionale».