Saglimbeni: «Vado al gruppo misto, ma non lascio il Pd»

Paolo Saglimbeni sbatte la porta. Ma poi la riapre e la lascia socchiusa. Dopo l’ultimo episodio che lo ha visto in aperto contrasto con i colleghi consiglieri comunali del Pd, l’esponente della corrente Trecentosessanta ha scritto ai vertici del partito ponendo una richiesta singolare: «l’autorizzazione al passaggio al gruppo consiliare misto del comune di Messina, eventualmente anche in deroga allo Statuto e al Regolamento Congressuale del Pd nel caso dispongano norme a contrario, al solo fine di esercitare il mandato di consigliere comunale sempre in rappresentanza del Pd e di partecipare alla fase congressuale del partito».

Fuori dal gruppo ma dentro il Pd. Questa l’intenzione di Saglimbeni, secondo il quale la regolare esercitazione del mandato sarebbe stata impedita «in seguito alla adesione all’area Letta del Pd, dal modo di essere e di operare del partito che continua a violare, a Messina, anche in questa delicata fase congressuale, le norme statutarie relative alla partecipazione, alla democrazia interna a tutela delle minoranze e della trasparenza, pregiudicandone, in tal modo, la possibilità di rilancio».

«Questo l’ultimo fatto accaduto: il capogruppo del Pd al comune di Messina aveva furtivamente segnalato 2 (dei 5) componenti il gruppo per la costituenda commissione consiliare Ponte e Piano Strategico; colto con le mani nel sacco e redarguito per avermi escluso senza alcuna motivazione e senza avere prima organizzato riunioni di gruppo, si convenne di far assumere la decisione ad una riunione allargata della minoranza, nel corso della quale, visto il disinteresse del collega Vaccarino, espresso telefonicamente, non restava che l’opzione dei consiglieri David e Saglimbeni; l’indomani però, su pressione del partito, Vaccarino fu costretto a rivedere la sua posizione e, benché risultasse assente il collega David, si pervenne alla mia esclusione».

Per Saglimbeni «si è così confermato l’atteggiamento “punitivo” del partito nei miei confronti per avere osato ribellarmi al signorotto locale aderendo all’area Letta con l’aggravio, oggi, del sostegno alla mozione Bersani. Com’è evidente, restare dentro il gruppo consiliare Pd, con il capogruppo, carnefice longamanus del partito, significa non potere espletare il mio mandato di consigliere comunale in rappresentanza del partito. Il passaggio al gruppo misto, con l’abbandono solo formale del gruppo PD, rappresenta pertanto l’unica soluzione pragmatica possibile per sottrarmi alle forche caudine di “questo” partito messinese. Ritengo, peraltro, che non vi sia alcuna incompatibilità sostanziale tra l’adesione al gruppo misto e la mia permanenza nel Pd; anzi, tale decisione può solo eliminare gli ostacoli certi che verranno frapposti alla mia partecipazione alla fase congressuale».

E a proposito di polemiche tutte interne al Palazzo, due consiglieri comunali, Ivano Cantello (Autonomisti Mpa) e Claudio Canfora (Pdl – Briguglio) chiedono le dimissioni del presidente del consiglio comunale Pippo Previti «rivelatosi inadeguato nella conduzione dei lavori che hanno condotto alla costituzione della commissione Ponte, oltre che non all’altezza del ruolo rivestito come stigmatizzato da vari consiglieri comunali di centro destra e centro sinistra nel corso dei lavori d’aula ed in diverse occasioni in questo anno di legislatura».