Nelle ultime settimane è tornata prepotente la querelle sul progetto ponte dello stretto. Questo ha dato vita ad una serie di reazioni politiche, civiche e naturalmente anche ambientaliste. Tra queste, dieci associazioni di protezione ambientale chiedono al Governo di resistere alle pressioni politiche e delle imprese che vogliono il rilancio del progetto del ponte sullo Stretto di Messina (abbandonato nel 2013) e alla richiesta che l’intervento venga inserito nel PNRR. Le associazioni intervengono, anche, a sostegno della posizione del Ministro delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibile Enrico Giovannini che sta valutando le alternative sull’attraversamento dello Stretto sino all’opzione zero.
L’argomentata lettera è stata inviata, oltre che al Ministro Giovannini, al Presidente del Consiglio Mario Draghi e al Ministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani da Touring Club Italiano e da altre nove associazioni: FAI – Fondo Ambiente Italiano, Federazione Pro Natura, Greenpeace Italia, Italia Nostra, Kyoto Club, Legambiente, Lipu – Birdlife Italia, T&E – Transport & Environment, WWF Italia. Quattro le motivazioni di carattere giuridico, economico-finanziario, tecnico, ambientale sostenute dalle associazioni.
Valutazioni delle alternative e PNRR – Le associazioni condividono la posizione assunta dal ministro Giovannini a metà marzo che, a quanto risulta, ha chiesto alla Commissione, costituita dalla Ministra De Micheli nell’agosto 2020 sull’attraversamento stabile dello Stretto di Messina, di produrre approfondimento anche sull’opzione zero, valutando anche l’alternativa alla costruzione del ponte costituita dal potenziamento dei servizi traghetti, porti e stazioni ferroviarie. Approfondimento che fa escludere che la proposta possa essere inserita tra i progetti del PNRR che devono essere definiti entro il prossimo aprile, secondo gli standard e il grado di dettaglio richiesti dalle Linee Guida e dal Regolamento per la redazione dei PNRR e nel rispetto del principio “no significant harm” (nessun danno significativo).
L’abbandono del progetto del 2010 – Le associazioni ricordano al Governo, a proposito del rilancio del progetto del 2010 del General Contractor Eurolink (capeggiato da Impregilo), avvenuto a metà marzo, da parte del Webuild (società composta da Impregilo-Salini e da Astaldi) di un ponte sospeso ad unica campata della lunghezza di 3.300 metri, sostenuto da torri alte 400 metri,. E sottolineano che quella proposta fu abbandonata dopo che il GC Eurolink non produsse, entro il termine dell’1/3/2013 stabilito dall’allora Governo Monti, gli approfondimenti economico-finanziari e tecnici richiesti, recedendo dal contratto con la concessionaria Stretto di Messina SpA, portando il Governo allora in carica ad abbandonare il progetto e all’avvio della procedura di liquidazione di SdM SpA.
I problemi irrisolti del progetto del 2010 – Le associazioni osservano che già nel 2010 il progetto del ponte aveva un costo stimato al ribasso di 7.5 – 9 miliardi di euro, che però non considerava le 35 prescrizioni di carattere tecnico e ambientale allora richieste nel parere di Valutazione di Impatto ambientale e dal CIPE. Le modifiche richieste erano sostanziali e in alcuni casi di una complessità senza precedenti per un’opera di queste dimensioni, da realizzare in una delle aree più delicate da un punto di vista del rischio sismico e idrogeologico.
Dalle carte del progetto definitivo del 2010 emergeva che: a) il ponte a regime sarebbe stato in perdita, per ammissione degli stessi progettisti perché il traffico ferroviario era assolutamente insufficiente e quello stradale stimato era solo l’11% rispetto alla capacità complessiva dell’infrastruttura, con il rischio che i pendolari (la stragrande maggioranza degli utenti) fossero applicati pedaggi altissimi; b) il ponte ad unica campata sarebbe sorto in una delle aree a maggiore rischio sismico del Mediterraneo (come ricordato dal devastante terremoto del 1908 che rase al suolo Messina e Reggio Calabria) e tra le più dinamiche al mondo dal punto di vista geologico per l’incontro-scontro tra la placca africana e quella europea;
c) con scavi per un ammontare di 6.800.000 metri cubi, che avrebbero inciso sul delicato equilibrio territoriale dei versanti calabrese e siciliano; d) non tenendo conto che l’opera sarebbe dovuta sorgere in una delle aree a più alta biodiversità del Mediterraneo, dove sono localizzati ben 12 siti delle Rete Natura 2000, tutelati dall’Europa ai sensi delle Direttive Habitat e Uccelli.
Lavorare subito per le alternative e per migliorare i servizi – Le associazioni chiedono al Governo un confronto per individuare gli interventi veramente necessari per migliorare la logistica e le reti ferroviarie e stradali siciliane e calabresi, ricordando ridotti in questi anni i servizi forniti dai traghetti e dalle ferrovie e come ci sia bisogno di interventi urgenti su infrastrutture che devono essere messe in sicurezza e adeguate (per carenze nella progettazione ed esecuzione dei lavori o per scarsa manutenzione), pensando nel contempo a velocizzare le relazioni e a favorire l’intermodalità a vantaggio di residenti e turisti.
Le Associazioni concludono la loro lettera facendo notare al Governo che, nel momento in cui l’Italia è la maggiore beneficiaria in Europa dei fondi messi a disposizione dall’Europa con lo strumento Next Generationi EU, si debba mantenere saldo l’orientamento a presentare progetti credibili e cantierabili, respingendo ogni forzatura per proposte come quella del ponte sullo Stretto di Messina, non sufficientemente motivate, che non passerebbero il vaglio dell’Europa.