La mezza apertura europea al Ponte sullo Stretto che fa esultare Salvini (Repubblica); Ponte sullo Stretto, l’Ue apre al dialogo: “Prima il progetto” (Stampa); Ponte sullo Stretto, per dire sì la Ue vuole il progetto (Milano Finanza); Ponte sullo Stretto, l’Ue pronta a finanziare “un progetto solido” (Avvenire); Ponte di Messina, la Ue pronta a finanziare l’avvio (Sole 24 Ore); Salvini illustra il Ponte, la Ue apre: siamo pronti (Corriere della Sera); Salvini strappa alla Ue via libera (e soldi) per lo Stretto di Messina (Tempo); L’Ue finanzierà il Ponte sullo Stretto (Libero).
Ecco i titoli odierni di alcuni dei principali quotidiani nazionali dopo l’incontro di ieri tra il ministro Matteo Salvini e la commissaria Ue per i trasporti, Adina Valean. Che una stessa notizia venga affrontata in modo diverso, a volte opposto, non è una novità. Dai giornali, dalla politica, in tempi recenti da chiunque sui social.
Per Repubblica è “ni”, per la Stampa, Milano Finanza e Avvenire è “sì ma”, per il Sole 24 Ore e Corriere della Sera è “sì”, per il Tempo e Libero è “super sì”. Tempostretto, col nostro titolo (l’Ue: Pronti a finanziarlo ma attendiamo il progetto), si colloca tra i “sì ma”. Secondo la lettura di alcuni attivisti No Ponte, invece, è “no, non c’è un progetto”.
Ma cos’ha detto la Valean? “Ci siamo messi a disposizione. Aspettiamo un progetto solido per finanziare la prima fase di fattibilità e poi il progetto partirà”. E ancora: “Bisogna avere una fase di preparazione e poi essere pronti per la costruzione effettiva”.
La verità, come quasi sempre, sta nel mezzo. Le parole, ma poi contano gli atti, lasciano spazio a più interpretazioni perché, oltre alla disponibilità di finanziare la prima fase di fattibilità (e già questo è un sì, anche se solo verbale), viene espresso un pensiero ridondante: che sia necessario un progetto è ovvio, non si può mica finanziare un progetto che non esiste.
Però è bene chiarire che il progetto c’è già eccome ed è anche definitivo, approvato il 29 luglio 2011 dalla Stretto di Messina spa (composta all’82 % da Anas, 13 da Rfi, 2,5 % ciascuno dalle regioni Siciliana e Calabria) con il coinvolgimento terzo di Parsons Transportation Group Inc, del validatore Rina Check srl e del Comitato scientifico. Il costo previsto era di 6,3 miliardi di euro.
Seguendo le vecchie logiche, vuol dire che si trova in una posizione intermedia: cioè è più che un progetto preliminare ma non è ancora un progetto esecutivo cantierabile, perché l’iter fu fermato dal governo Monti, prima dell’approvazione del Cipe, il Comitato interministeriale per la programmazione economica, con legge 221/2012, “alla luce della corrente situazione economico finanziaria italiana”. Una situazione che ha aperto il contenzioso con Eurolink (oggi acquisito da Webuild) e ha bloccato l’iter del Ponte ma non quello di tante altre grandi opere pubbliche.
E per diventare esecutivo cantierabile servono ancora altri pareri, su tutti quello ambientale del Mite (Ministero della transizione ecologica), perché dall’esame del parere della Commissione Tecnica Via/Vas (Valutazione impatto ambientale/strategica) numero 1185 del 15 marzo 2013, “si evince che, in relazione al progetto delle parti variate sottoposto a procedura Via, vi siano numerosi approfondimenti e chiarimenti su diversi aspetti. Per tali motivi la Commissione ha ritenuto di non poter esprimere parere sulla compatibilità ambientale delle parti variate del progetto”.
Poi bisognerebbe procedere alla conclusione della conferenza di servizi al Mims (Ministero delle infrastrutture e delle mobilità sostenibili) e avere l’approvazione del Cipess (il vecchio Cipe al quale è aggiunta la dicitura ‘e lo sviluppo sostenibile’), cioè la parte economica. Inoltre il progetto andrebbe adeguato all’attuale quadro normativo nazionale ed europeo, ad esempio la recente normativa sulla sicurezza in galleria o le nuove ntc (norme tecniche di costruzione) 2018.
Ecco perché il governo Meloni ha deciso di usare per l’aggiornamento del progetto i 50 milioni che il governo Draghi aveva stanziato per nuovi studi con ipotesi ponte a più campate. Un’ipotesi, quest’ultima, che non ha un progetto, che avrebbe il teorico vantaggio di essere realizzata tra Messina Centro e Reggio Calabria Nord, invece che tra Messina Nord e Villa San Giovanni Nord, con conseguente minore estensione dei raccordi. Ma è un’ipotesi che, già molto tempo fa, era stata bocciata perché il/i pilastro/i in mare sarebbe/ro soggetti alle forti correnti marine, oltre al fatto che, ad esempio a Messina, l’autostrada si trova a monte, distante dal mare, e quindi un collegamento impattante servirebbe comunque. I raccordi nella zona nord, invece, sarebbero utili anche per la viabilità locale, visto che ad oggi la tangenziale di Messina si ferma a Giostra e Annunziata, mentre la zona nord ne è priva.
Insomma l’apertura da parte della commissaria Ue è una potenziale buona notizia per l’aspetto economico ma vuol dire poco sia in una direzione sia nell’altra. Cosicché è fuori luogo sia l’esultanza dei favorevoli sia l’interpretazione dei contrari. La Valean non ha detto che non c’è un progetto (avrebbe detto il falso) ma ha detto che il finanziamento europeo potrà arrivare quando il progetto sarà “solido”, cioè quando avrà i pareri necessari.
Le opere pubbliche, per essere realizzate, necessitano di pareri esperti, l’opinione dell’uomo di strada non conta nulla. In questo caso, lo “scoglio” più importante da superare è il parere definitivo della Commissione Tecnica di Valutazione d’impatto ambientale. Se, con l’aggiornamento del progetto, arriverà il parere positivo, il percorso sarà in discesa. Viceversa gli esperti diranno che il Ponte non si può fare oppure che sarebbe troppo impattante. Dopo tanto tempo e denaro speso finora a vuoto, è bene che arrivi una volta per tutte il responso definitivo.
In un caso o nell’altro, non resta che affidarsi agli esperti. Se diranno che il Ponte si potrà fare sarà un bene che si faccia perché i vantaggi pratici sarebbero indubbi. Se diranno che non si potrà fare non si farà. Non vale la pena agitarsi più di tanto.
Nell’ipotesi in cui verrà messo nero su bianco che il Ponte non si possa fare, è necessario che il Governo trovi alternative valide per l’attraversamento dello Stretto di Messina. Perché è impensabile che nel 2023 ci vogliano ancora due ore e mezza per attraversare in treno e un’ora (nella migliore delle ipotesi) per attraversare in macchina. Tempi, questi ultimi, destinati ad aumentare ancora con la prevista chiusura al traffico navale della rada San Francesco.
I progetti per ridurre i tempi di attraversamento in treno restano ancora solo su carta, l’estate 2022 è trascorsa e il nuovo orizzonte è l’estate 2023 ma solo per gli Intercity, mentre le Frecce restano un miraggio. In auto, invece, bisogna arrivare all’imbarco con congruo anticipo, fare la fila per imbarcarsi, il tempo della traversata (20 minuti alla rada San Francesco, 50 a Tremestieri), lo sbarco, l’arrivo in autostrada. E non si tratta solo dei quattro fine settimana di agosto, lì i disagi diventano insostenibili, nonostante l’impiego di tante navi. Ma evidentemente a molti non interessa. Ecco perché il Ponte, in teoria, sarebbe la soluzione. Se non si può fare è altro discorso ma ci sarebbe ben poco da esultare…