“Nessun sistema elettorale può salvarci da noi stessi, neanche il migliore del mondo. Il problema non è il sistema elettorale, ma la selezione della classe dirigente, il sistema dei partiti, è quello che si deve cambiare”. Non è un fan dell’Italicum ma non ci sta al gioco del “è tutto da gettare”, il professor Luigi D’Andrea, costituzionalista, “personalmente avrei preferito il sistema alla francese, ma non ritengo affatto che ci siano gli estremi d’incostituzionalità in questa legge”.
Il docente di diritto costituzionale invita ad una riflessione attenta su due aspetti: da un lato il fatto che da decenni continuiamo a discutere, litigare, cambiare i sistemi elettorali senza mai risolvere il problema cruciale e dall’altro che continuiamo a confondere la riforma elettorale con la soluzione ideale e definitiva all’esigenza di stabilità di governo. Paradossalmente se andiamo a guardare i sistemi elettorali di altri Paesi, pur avendo alcune delle regole che contestiamo al porcellum piuttosto che all’Italicum in quei Paesi non hanno comportato alcuna instabilità, segnale appunto che il “nocciolo” siamo noi e non il sistema. E anche Renzi,che ha confezionato su misura la riforma non è affatto detto che alla realtà dei fatti non finisca con l’esserne la prima “vittima” al momento del voto.
“I sistemi elettorali vanno concepiti come tasselli di un mosaico più vasto- spiega il costituzionalista- non sono avulsi, non possiamo prescindere dalla forma di governo né dal sistema dei partiti. Il vero traguardo è riuscire a fare il “piccolo” miracolo di conciliare la governabilità con la massima rappresentatività. E’ fondamentale la presenza delle minoranze e il ruolo dell’opposizione ed ogni legge si trova in bilico tra la necessità di trovare un equilibrio tra le due esigenze. Faccio un esempio, se c’è un problema legato all’eccessivo numero di partiti si possono trovare accorgimenti con le soglie di sbarramento. Ci sono sistemi nei quali a volte si verificano anche paradossi per i quali sotto il profilo numerico un partito registra un alto numero di voti, ma sul piano dei seggi finisce con l’ottenerne di meno. Pensiamo ad esempio agli Stati Uniti. Perdi con pochi voti di scarto in più collegi, quindi se sommi il numero dei voti hai la maggioranza, ma non hai la rappresentatività perché non ottieni seggi. Personalmente non avrei scritto l’Italicum perché preferisco il sistema francese, ma non ci sono estremi d’incostituzionalità ed anzi, ci sono elementi che mirano alla governabilità che invito a non sottovalutare. In Italia abbiamo sempre paura dell’uomo forte, dell’uomo solo al comando, in realtà si aprono le porte all’uomo forte quando ci sono governi deboli e non il contrario. Il problema è che abbiamo un sistema dei partiti che per così dire “non ha pace” e imputiamo al sistema elettorale problemi che sono legati alla cattiva selezione della classe dirigente. E’ il sistema dei partiti che impedisce al mosaico finale di riassestarsi. Attenti perché ci stiamo costruendo una narrativa che ci porterà a dire che nulla funziona e finirà con il destrutturare il sistema”.
Uno dei punti più contestati dell’Italicum è quello dei capilista bloccati, un’eredità del “porcellum” che ha riempito le Camere di nominati. Il professor D’Andrea sottolinea come, per fare un esempio, in Spagna ci sono le liste bloccate ed in Germania i nomi blindati sono la metà della lista ed in entrambi i casi non si sono verificate le conseguenze tipiche del nostro Paese. In Germania inoltre la Merkel governa senza scossoni. Dalla Francia all’Inghilterra passando per la Germania la stabilità dei governi è un fatto assodato senza che nessuno gridi alla mancata rappresentatività.
“In Spagna ci sono collegi piccoli e con questo sistema, liste bloccate e collegi piccoli si va con più facilità verso un maggioritario, perché, con soglie di sbarramento anche al 9% non sei eletto. Il capolista bloccato previsto dall’Italicum con collegi piccoli comporta che comunque sia visibile, pertanto l’elettore sa benissimo nel momento in cui vota chi sarà il primo eletto e può decidere se indicare le sue preferenze o votare un altro partito”.
Insomma se il primo della lista è Riina l’elettore ne sarà consapevole e potrà decidere se votare ugualmente, contribuendo a portarlo in Parlamento o votare altro e gli stessi partiti dovranno stare più attenti nella formazione delle parti blindate delle liste.
“In Italia soffriamo del complesso del tiranno e dimentichiamo che con il nostro sistema non eleggiamo direttamente il Presidente del consiglio, ma indirettamente. Confondiamo l’esigenza di stabilità governativa con la paura dell’uomo forte ripeto. Se vogliamo una stabilità dobbiamo avere il coraggio di favorire anche l’alternanza reale, che prevede che per vincere devi esser un partito “grosso”. C’è chi è un sostenitore del proporzionale a tutti i costi perché garantisce la massima rappresentatività. E’ vero ma poi ci sono tutta una serie di conseguenze sul piano della governabilità. Pensiamo al periodo del pentapartito ed ai continui cambi di governo pur senza un ritorno al voto o anche più di recente a quanti ministri degli esteri sono stati cambiati. La mancata stabilità comporta due cose, da un lato, a livello europeo la perdita di credibilità, perché non porti avanti una politica stabile a lungo periodo, dall’altro il fatto che nessuno diventa responsabile di quel che fa. Se cambi ministro ogni sei mesi nessuno può dirsi responsabile di nulla, né in positivo né in negativo, ma neanche portare avanti una riforma, un progetto. E questo vale sia di fronte agli elettori che di fronte agli altri Paesi. Ed oggi più che mai non possiamo permettercelo in un sistema di relazioni internazionali”.
Il costituzionalista sottolinea come la Prima Repubblica fosse caratterizzato da un’alta instabilità governativa ma da un sistema dei partiti “più fermo”. Nel ’93, quando Mattarella ed Elia pensarono alla riforma elettorale che portò poi al famoso Mattarellum esclusero subito il doppio turno ipotizzando che dal loro punto di vista li avrebbe svantaggiati. Invece in un sistema col doppio turno, col ballottaggio, in caso di un tripartitismo (pensiamo oggi a Renzi, Grillo, Salvini), la soglia del 40% non è esagerata. E’ vero però che il diavolo fa le pentole ma non i coperchi ed infatti nel caso del mattarellum pensato per “salvare” l’alleanza popolari-partito della sinistra, arrivò Berlusconi e fece saltare il tavolo. Non è detto quindi che Renzi possa essere il “premiato” dall’italicum alla luce appunto del tripartitismo. Deve risolvere prima le grane con la minoranza del Pd per pensare di poter farcela, perché nelle urne del doppio turno può succedere di tutto.
“In realtà penso che il doppio turno ti spinga ad un maggiore confronto con gli elettori. Non credo che siano facili accordi come avviene a livello locale. Se al ballottaggio vanno, per ipotesi, Renzi e Salvini, o Renzi e Grillo, occorre poi vedere cosa faranno gli elettori di chi è rimasto fuori e se sono disposti a tornare alle urne e con quali motivazioni. Certo il fatto che in gioco c’è la maggioranza della Camera è un fatto da non sottovalutare. Un’ultima annotazione vorrei farla. Oggi si tira fuori in continuazione il termine anti-costituzionale, eversivo. E’ come se ogni giorno ci fossero almeno due o tre colpi di Stato in arrivo. Stiamo attenti con le parole…..”
Rosaria Brancato