Messina, è una città d'arte. Non solo, è anche una città storica. Vari popoli hanno infatti calpestato la terra dello Stretto, lasciando segni indelebili del loro passaggio. Diverse culture si sono incontrate in questa sponda di mare che, proprio come una spugna, ha assorbito le credenze trasformandosi in una vera e propria enciclopedia a cielo aperto. I cittadini dovrebbero quindi difendere, gelosamente, i resti di questo glorioso passato. Ma da anni si registra un totale disinteresse verso il nostro patrimonio: monumenti importanti, come quello di Don Giovanni d'Austria, diventano ricettacoli perfetti per sporcizia e cartacce. Le bottiglie di birra e di acqua vuote, inoltre, sono ormai le padrone indiscusse dello spazio attorno al Duomo. Purtroppo, in seguito, questi stessi contenitori finiscono negli scavi della Chiesa di San Giacomo, distruggendo letteralmente un pezzo fondamentale dell'archeologia messinese. Pensando a come risolvere dall'interno il problema trovando una soluzione che possa favorire non solo la cultura ma anche il sistema della raccolta dei rifiuti, il dirigente presso la Sovrintendenza dei Beni Culturali Luigi Giacobbe attraverso il suo profilo ufficiale su Facebook ha proposto un interessante progetto che ha anche trasmesso al sindaco. Seguendo il modello già utilizzato in Germania, Olanda, ecc. (ed anche in alcune località balneari d'Italia), gli esercizi commerciali locati attorno ai monumenti, potrebbero vendere le bevande ad un euro in più, ad esempio, rispetto al costo consolidato, con la promessa di restituire la somma aggiunta al prezzo solo nel caso in cui la bottiglia venga riportata al locale; per evitare che i furbetti, inoltre, raccolgano più contenitori per accumulare denaro, al momento del ritiro dell'euro, dovrà essere mostrato al titolare lo scontrino dell'acquisto che verrà vidimato e reso quindi inutilizzabile in futuro. Inoltre, seguendo sempre l'idea di Giacobbe, le bottiglie raccolte potranno essere consegnate all'ATO per favorire il riciclo, magari donando anche un premio al commerciante per invogliarlo a partecipare all'iniziativa.
Il format che lei ha presentato sembra interessante, e da tempo, visto anche il suo mestiere, segue molto da vicino la situazione che riguarda il Duomo. Perchè ha pensato di agire seguendo questo modello per risolvere il problema?
Mi pare che i social network costituiscano una buona occasione per far circolare le idee e alimentare il dibattito. Non si offre un buon servizio alla città se ci si lamenta dei mille problemi, senza offrire soluzioni concrete ed operative. Preferisco il principio di responsabilità alla caccia del capro espiatorio di turno a cui addebitare ogni carenza e disservizio. Non mi interessa che l'area intorno al Duomo sia "pulita", preferisco piuttosto che sia "rispettata". Quel decoro che in molti invocano, credo, dovrebbe essere inteso nell'accezione antica: non astratta bellezza, ma qualità morale.
Oltre ad avere, per così dire, una valenza culturale, questo progetto ha sicuramente un'accezione positiva per la raccolta rifiuti. Crede davvero che la macchina del riciclo possa alimentarsi di rispetto e buon senso?
Per la legge italiana il rifiuto è "qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l'obbligo di disfarsi". In altri termini abbandoniamo tutte le cose che non ci servono più, senza preoccuparci del loro destino. Eppure sono ormai stranote le possibilità che offre il riciclo, basterebbe prenderne coscienza e al tempo stesso consumare un po' meno. L'idea che ho proposto mi pare valida ed è praticata con successo in mezza Europa.
Messina non è una città facile da vivere, la noncuranza e l'inciviltà regnano sovrane. Pensa realmente che l'iniziativa possa funzionare?
Sembra che nella nostra città ogni problema sia insolubile, che sia impossibile ogni mutamento radicale. In effetti questa circostanza è comune a molte città di provincia, segnate dal torpore e dall'indolenza, ma anche capaci di slanci insospettabili e di azioni positive. I processi di trasformazione avvengono dopo lunghi dissidi e contrasti. Basterebbe riflettere su quanto siano stati impensabili i risvolti della legge antifumo del 2003. Il giorno dopo la promulgazione tutta l'Italia smise improvvisamente di fumare nei locali pubblici, nei cinema e negli spazi aperti al pubblico. In realtà si trattò di una presa di coscienza collettiva che ebbe una lunga gestazione fatta di piccoli passaggi. Ora la consideriamo una conquista civile. Quella delle bottiglie rese, potrebbe essere una prova tecnica esemplare di riscatto sociale.
Claudio Panebianco