Un’immagine racchiude più di ogni parola l’Italia di oggi: è quella della cerimonia della Festa della Repubblica in tono minore, con il pensiero rivolto alle popolazioni terremotate dell’Emilia e nell’aria le voci dei lavoratori ex Servirail che dall’alto del campanile del Duomo, per tutta la cerimonia, hanno ricordato il loro dramma. Voci nitide, chiare, urlate al megafono, che arrivavano diritte sulla piazza affollata di autorità. Un’immagine che è il simbolo di un’Italia alle prese con una crisi che l’ha messa in ginocchio ed ha acuito le divisioni, le differenze tra una parte del Paese e l’altra, la più debole, la terra di chi paga prima e di più e per più tempo. “Vergogna” si sentiva gridare dal campanile e sembrava quasi un grido che tuonava dal cielo e poi si scagliava sulla Piazza dove per la prima volta la cerimonia è stata breve, semplice, quasi “sottovoce”, per rispetto non solo dei morti, ma anche dei sopravvissuti e di quei militari, vigili del fuoco, carabinieri, poliziotti, amministratori, gente comune, impegnati nel fronteggiare la tragedia. Le grida non erano rivolte al prefetto e neanche alle autorità che fin qui si son prodigati, tengono a precisare i manifestanti. E in verità, bastava prestare ascolto sul serio per capirlo, perché mentre il prefetto Alecci leggeva il messaggio del Presidente Napolitano da lassù le proteste erano tutte per quanti nei Palazzi accanto al Duomo non si sono mossi come dovuto. La voce degli ultimi si è levata forte a ricordare nel giorno del 66esimo compleanno della Repubblica che nonostante tutto oggi c’è chi è meno uguale di altri e che Trenitalia divide quell’Italia unita dal sangue dei nostri bisnonni e quella continuità territoriale garantita dalla Costituzione nata con la Repubblica, e divide i lavoratori perché dei 700 licenziati da Servirail quasi tutti sono stati riassorbiti. Restano i nostri, quelli sul campanile, gli 85 in riva allo Stretto, quasi lo Stretto sia diventato il confine di un altro Stato. Non si muoveranno da lassù, è chiaro, finchè non arriveranno fatti. “La soluzione- spiega il segretario provinciale della Cisl Tonino Genovese- non può che essere doppia, quindi l’utilizzo di tutta la forza lavoro e il ripristino dei treni a lunga percorrenza”. I due problemi infatti non sono disgiunti, camminano di pari passo così come di pari passo hanno camminato licenziamenti e cancellazione dei treni. E’ un disegno che ha colpito Messina e la Sicilia nella sua interezza. “L’incontro dei deputati Enzo Garofalo, Pdl e Francantonio Genovese, Pd con i sindacati e i lavoratori deve diventare un metodo per affrontare tutte le problematiche della comunità- continua Genovese a proposito della riunione di venerdì – le divisioni, le gelosie, le contrapposizioni non solo non servono a niente ma ci allontanano dalla risoluzione dei problemi e dal resto del Paese”. Ha ragione il segretario provinciale della Cisl, non è con le liti che si esce dal baratro, ma è solo abbattendo tutte le barricate, di qualsiasi colore ed umore che si può ottenere quantomeno di essere ascoltati. Il Pdl Enzo Garofalo, che vuol comunque ricordare come nei mesi scorsi tutti i parlamentari messinesi su questo punto si siano confrontati (non ce ne voglia Garofalo, ma noi non abbiamo visto gran parte dei suoi colleghi nella vicenda se non per sporadiche e fugaci apparizioni) attende che lunedì gli venga consegnata la proposta che poi insieme a Francantonio Genovese verrà portata all’attenzione del governo “Sentivamo l’esigenza di parlare con i lavoratori e avviare un’iniziativa rapida, dare un segnale tangibile, anche se da mesi seguiamo senza differenze di partito la vertenza. A gennaio abbiamo approvato la mozione per la continuità territoriale e lo abbiamo fatto tutti insieme. La situazione è complicata ma dobbiamo continuare a fare di tutto. Il Paese ha 2 ferrovie: l’alta velocità e la bassa velocità, ma le tasse le paghiamo tutti e tutti abbiamo diritto ad avere gli stessi servizi”. Lunedì i lavoratori e i sindacati metteranno nero su bianco quel che la deputazione porterà al tavolo delle trattative. Nel frattempo arriva la solidarietà, anzi, quella non è mai mancata. A fornire i pasti caldi e i generi di prima necessità oggi sono stati i volontari della mensa di Sant’Antonio, gli stessi che a Natale hanno organizzato un pranzo di solidarietà. “Vogliamo continuare ad esprimere la nostra vicinanza alle famiglie- spiegano i volontari- E’ un atto simbolico per rimarcare, nel giorno della Festa della Repubblica, una Repubblica fondata sul lavoro, il proprio sostegno a chi ha visto il proprio lavoro sottratto, l’assenza di una risposta concreta da parte delle Istituzioni”. La Messina del cuore, quella che sa cosa sia la vera solidarietà è questa. Pare anche che in seguito alla visita dell’arcivescovo monsignor La Piana qualcosa si stia muovendo nelle alte sfere del Vaticano. Le grida dei Servirail, dal campanile, hanno messo le ali e stanno iniziando ad arrivare a Roma. Forse a qualcuno, in piazza Municipio durante la cerimonia e in città darà fastidio in un giorno di festa sentire le voci di chi soffre e non si arrende, ma non è e non sarà mai una festa se nel cuore della città vengono calpestati i diritti di qualcuno nel silenzio assordante dei più.
Rosaria Brancato